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Massimiliano Griner – I ragazzi del ’36. L’avventura dei fascisti italiani nella guerra civile spagnola – 2006

Massimiliano Griner
Milano, Rizzoli, 389 pp., euro 23,00

Anno di pubblicazione: 2006

Una persistente tradizione antifascista nega che i «legionari» di Mussolini andati in Spagna a sostenere la guerra di Franco fossero prevalentemente animati da idealità politiche. Rimonta a Carlo Rosselli che, esaminando le lettere dei prigionieri di Guadalajara, scriveva che per «l’immensa maggioranza» si trattava di «lavoratori poveri» spinti dalla miseria. Una suggestione che si è poi travasata nella storiografia più preoccupata di contestare che il duce avesse mai avuto grandi consensi. Il libro di Griner si propone di rovesciare quel giudizio per mostrare che una parte, se non immensa, rilevante, partì per entusiastica adesione ai moventi antibolscevichi e nazionalisti ispirati dal regime, e che comunque «la maggior parte del personale, tanto dell’esercito che della Milizia, era in Spagna unicamente per scelta» (p. 177). Ma in realtà l’opera non contribuisce a darci alcuna delle certezze che ostenta. In primo luogo perché, sebbene sia intitolato ai «ragazzi del ’36», il volume dedica al tema dei volontari poco più di un capitolo, mentre il resto ripercorre, in modo più o meno informato, tutta la vicenda della guerra civile spagnola e della partecipazione italiana, con abbondanza di giudizi ? esempio: «è ormai certo che l’URSS aveva da lungo tempo preordinato la bolscevizzazione della Spagna» (p. 121) ? la cui sicurezza è pari all’infondatezza. Non è peraltro che, aggiungendo qualche citazione dalle memorie di quattro o cinque camicie nere appassionate al poco che già sappiamo su quei «ragazzi», si possa pretendere, come fa l’autore, di avere scoperto la vera verità sui moventi prevalenti dei circa 72.000 loro compagni d’arme. E d’altro canto Griner non offre alcuna documentazione in appoggio alla sua affermazione che il numero di domande di arruolamento fu «esorbitante», «sproporzionato alle richieste», perché non la offre neppure il libro dei generali Rovighi e Stefani da cui ha ricavato l’informazione. È evidente comunque che nell’Italia ancora tripudiante per la vittoria sul Negus i giovani entusiasti disposti a partire per la Spagna non dovettero mancare. Ma non furono poi tanti se John Coverdale, autore nel 1971 di uno studio molto documentato sul primo contingente di volontari, ne ricavava che «solo una minoranza degli italiani che si offrirono volontariamente, nei primi mesi della guerra civile spagnola, per combattere nell’esercito di Franco aveva dei motivi essenzialmente ideologici». Le ragioni economiche, come peraltro Griner riconosce, ebbero un gran peso. Ma la verità più probabile è che il grosso dei combattenti italiani fu costituito da volontari «per definizione», gli appartenenti cioè alla Milizia volontaria per la difesa nazionale. Molti di essi erano appena tornati dall’Etiopia, erano già addestrati al combattimento, e i tempi molto brevi tra la decisione di Mussolini e la prima offensiva dei suoi «legionari» ? meno di due mesi ? indicano che si dovette principalmente contare su quelli. Perciò probabilmente non gli si stette a chiedere se riconfermavano la loro scelta. Il che non ci dice affatto che andassero in Spagna contro voglia. Ma neppure il contrario.

Gabriele Ranzato