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Massimo Bogianckino sindaco di Firenze 1985-1989

Zeffiro Ciuffoletti
Milano, Franco- Angeli, 169 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione: 2015

Il libro ha due pregi: si occupa della Firenze secondo-novecentesca (sulla quale esiste una bibliografia decisamente scarna) e offre al lettore un’interessante serie di documenti conservati presso la Fondazione di studi storici Filippo Turati.
Il volume è dedicato agli anni dell’amministrazione cittadina guidata dal sociali- sta Massimo Bogianckino (pianista, direttore artistico dell’Opera di Roma, del Teatro Comunale di Firenze e del Théatre national de l’Opéra di Parigi) fra il 1985 e il 1989 e, in particolare, ai problemi dello sviluppo urbanistico (un’annosa questione che carat- terizzava il dibattito fiorentino fin dal 1946). Nella seconda metà degli anni ’80, Firenze stava vivendo un vero e proprio stallo urbanistico conseguente la mancata applicazione del piano regolatore del 1962 (il cosiddetto «piano Detti»), dal quale i partiti provarono a uscire approvando, nel 1985, una variante urbanistica che prevedeva la costruzione di due importanti insediamenti nella periferia nord-ovest della città. Nel 1989 la variante fu bloccata dall’intervento di Achille Occhetto (allora segretario del Pci) che sconfessò l’operato del Pci di Firenze, causando la crisi dell’amministrazione e la fine dell’esperienza politica di Bogianckino.
Contrariamente a quanto affermato da Franco Camarlinghi nella Presentazione, l’a. non è affatto il primo studioso a occuparsi di «quegli anni decisivi per Firenze» (p. 8); la sua interpretazione conferma sostanzialmente quelle precedenti (Mariella Zoppi, Pietro Giorgieri) che avevano già individuato le cause della scarsa efficacia delle politiche urbani- stiche fiorentine nella presenza di alcuni dualismi conflittuali: tra il capoluogo e i comuni della cintura industriale (in modo particolare Prato, Campi Bisenzio e Sesto Fiorentino); fra gli interessi coalizzati intorno alla rendita fondiaria e i settori economici più dinamici; tra i fautori della conservazione a tutti i costi e coloro che ritenevano necessario dare forma a una città contemporanea.
In questo contesto, il presente lavoro considera l’esperienza politica di Bogianckino una lungimirante espressione della «cultura di governo» del Psi, contrapposta all’irrisol- ta ambiguità del Pci (l’atteggiamento comunista era, in effetti, contraddittorio: da un lato sosteneva l’esigenza di una rigorosa pianificazione per Firenze, dall’altro promuoveva un uso deregolamentato del territorio nei comuni industriali dell’area fiorentina). All’a., però, sfugge che l’origine dello stallo urbanistico fu causato proprio dai contrasti interni al Psi che, nel 1963, opposero la maggioranza nenniana alla corrente liberal-socialista di matrice azionista guidata da Tristano Codignola (alla quale apparteneva l’estensore del piano regolatore, Edoardo Detti). La progressiva presa di distanza del Psi dal piano regola- tore del 1962 – accusato dai nenniani di danneggiare l’economia fiorentina e gli interessi elettorali del Psi – pose le condizioni per l’incistamento della deregolamentazione urbani- stica, per il conseguente aggravarsi del dissesto del territorio e per la mancata realizzazione degli interventi necessari a modernizzare efficacemente l’area metropolitana fiorentina.

Federico Paolini