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Massimo Ciceri – Origini controllate. La prima eugenetica italiana (1900-1924) – 2009

Massimo Ciceri
Roma, Prospettiva, 247 pp., euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2009

La tesi di laurea di Massimo Ciceri, discussa nel 1992-93 all’Università di Milano, è stata uno dei primi tentativi di affrontare in modo organico la vasta mole di fonti in qualche modo collegate al tema dell’eugenetica nel contesto italiano. Seguendo la traccia di un primo indice di letture proposto da Claudio Pogliano nel 1984, Ciceri passava in rassegna le voci più autorevoli di un dibattito germogliato, anche nel nostro paese, alla fine dell’800 intorno alla proposta di fondare una scienza delle «buone nascite»; un dibattito fattosi via via più vivace soprattutto negli anni ’20 del nuovo secolo. Individuava, così, i principali filoni disciplinari coinvolti nell’interesse per i problemi dell’ereditarietà e della discendenza e per le inedite prospettive di ingegneria sociale che sembravano aprirsi a medici e scienziati: l’antropologia fisica e l’antropologia criminale, la psichiatria, la demografia, la ginecologia, l’igiene, la sessuologia. Trattandosi di una tesi di laurea, il risultato era senz’altro notevole per l’ampiezza del ventaglio di fonti consultate e la ricchezza e l’interesse delle molte citazioni.Ora che, a distanza di oltre un decennio, Prospettiva pubblica questa tesi con pochissime modifiche all’impianto e al contenuto, lo stato della ricerca è molto cambiato e numerosi lavori hanno affrontato, da angolazioni diverse, il tema dell’eugenetica italiana, servendosi del ricco materiale disponibile (G. Israel e P. Nastasi 1998; R. Maiocchi 1999; C. Mantovani 2004; F. Cassata 2006). La «ricognizione delle fonti» (p. 8) riproposta da Ciceri stranamente, non ne tiene conto nemmeno nelle considerazioni introduttive. Le sue indicazioni, anche per questo, rimangono parziali e non sistematiche, prive, soprattutto, di uno sforzo di contestualizzazione e collegamento delle posizioni degli «eugenisti» italiani con il tessuto ideologico e politico complessivo. La stessa scelta di fermarsi al 1924 – la data del primo importante congresso di eugenetica in Italia – e la decisione di non discutere del destino dell’eugenetica durante il fascismo, se appare giustificata nel contesto di una tesi di laurea, si giustifica molto meno nel caso di un saggio storico rivolto alla comunità degli studiosi, data l’importanza e la complessità degli interrogativi che la questione suscita.L’interpretazione complessiva di Ciceri, che sottolinea la sostanziale cautela e moderazione degli eugenisti italiani, in grande maggioranza contrari a strumenti invasivi di controllo della riproduzione come la sterilizzazione o il certificato sanitario prematrimoniale, è certo condivisibile ma non particolarmente originale. All’intento dichiarato di non accontentarsi, a questo proposito, di una spiegazione monocausale incentrata sull’influsso della Chiesa cattolica e della sua pastorale familiare e sessuale, l’a. non dà, peraltro, alcun seguito di rilievo. Il capitolo conclusivo, infatti, si concentra interamente sulle riflessioni di padre Agostino Gemelli e sulla «grande importanza che l’istituzione Chiesa cattolica ebbe in Italia nel determinare gli “istinti umanitari” che pesarono sulle scelte degli scienziati» (p. 216).

Claudia Mantovani