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Massimo Costantini – Porto, navi e traffici a Venezia 1700-2000 – 2004

Massimo Costantini
Venezia, Marsilio, pp. 158, euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2004

Il volume di Massimo Costantini, docente di Storia economica nell’Università di Pescara, verte sulle vicende del porto di Venezia a partire dal primo Settecento fino alle soglie del nuovo millennio. In quest’arco plurisecolare la città è segnata da profonde cesure politiche, in primo luogo la caduta della Repubblica nel 1797 e l’annessione al Regno d’Italia nel 1866, e da una lunga decadenza della propria economia che si protrae fino agli anni ottanta dell’Ottocento quando prende avvio una fase di rilancio grazie al completamento della stazione marittima che funziona ?da volano di una crescita economica duratura e generale? (p. 8). Più di metà del libro è dedicata al Settecento, secolo di intense modificazioni della geografia dei traffici e delle gerarchie mondiali, che l’autore ripercorre con attenzione ed efficacia espositiva. Durante il Settecento i nuovi Stati marittimi dell’Europa nord-occidentale, Inghilterra in testa, impongono, grazie anche ad importanti innovazioni tecnologiche dei mezzi di navigazione, la loro egemonia nel Mediterraneo che pur in via di marginalizzazione a causa dell’espansione atlantica rimane un mercato di primaria importanza, sia per l’esportazione di materie prime e manufatti tessili di lusso che per l’importazione di pregiati generi coloniali e prodotti finiti. Le misure messe in atto dal governo della Serenissima per resistere al dinamismo delle potenze atlantiche, tra cui sostegni alla cantieristica, riqualificazione professionale della gente di mare, riordinamento della legislazione marittima e riforme doganali, non impediscono la retrocessione di Venezia da grande emporio internazionale a centro marittimo regionale.
Nonostante tale declassamento, che avrà carattere definitivo, la città non rinuncia all’ambizione di mantenere un’autonoma presenza sul mare Nel corso della prima metà dell’Ottocento, durante la dominazione francese prima e asburgica poi, vengono realizzati, oltre al porto franco sull’isola di San Giorgio, gli interventi per potenziare l’offerta dei servizi portuali e i collegamenti ferroviari. La drastica riduzione dell’entroterra economico della città lagunare, che subisce pesantemente la concorrenza di Trieste, si traduce in una drastica caduta dei traffici che non si arresta con l’annessione al Regno sabaudo. Il trend torna a crescere, in sintonia con la ripresa economica generale, soltanto a fine Ottocento quando entrano in esercizio nuove dotazioni infrastrutturali e un più efficiente sistema di raccordo tra nave e ferrovia. Con l’apertura, all’inizio degli anni venti del Novecento, di Porto Marghera avviene il passaggio da porto-emporio a porto industriale e il ridislocamento, oggetto di un pluridecennale e vivace dibattito, delle attrezzature marittime lontano dal bacino di San Marco. Le dinamiche relative al periodo successivo alla costruzione degli impianti di Marghera vengono riassunte con una sinteticità che contrasta con l’ampiezza e l’accuratezza dell’analisi dedicata alle fasi storiche precedenti. Per non deludere le aspettative del lettore sarebbe bastato restringere le coordinate cronologiche indicate nel titolo.

M. Elisabetta Tonizzi