Cerca

Massimo Legnani – Al mercato della storia. Il mestiere di storico tra scienza e consumo, a cura di Luca Baldissara, Stefano Battilossi e Paolo Ferrari – 2000

Massimo Legnani
Carocci, Roma

Anno di pubblicazione: 2000

In questo volume sono raccolti, oltre a un profilo autobiografico di Massimo Legnani scomparso anzitempo nel 1998, e a un’appendice sui programmi dei suoi corsi universitari e sulle tesi relate, scritti da lui pubblicati fra il 1983 e il 1998 che ne documentano l’attività di osservatore attento e di critico appassionato del lavoro storiografico. I temi delle diverse parti del volume sono nell’ordine: la contemporaneistica italiana; l’uso pubblico della storia dal finire degli anni ottanta; i rapporti fra storia e romanzo. Un’ampia scelta di recensioni completa il quadro.
Raramente una raccolta di scritti risulta tanto coerente e concentrata su fuochi specifici. L’autore non è, e non si sente, uno storico semplicemente accademico. Anche per questo sfugge alla trappola per cui molti praticanti della “disciplina del contesto”eludono la contestualizzazione del proprio lavoro. Legnani ci ricorda di continuo che il mestiere di storico, soprattutto oggi, non è soltanto l’esercizio di un singolare tipo di competenza, ma un’attività che ha senso perché immersa in una rete di relazioni che coinvolge l’università, le riviste, gli istituti di ricerca, le amministrazioni locali e centrali, i mezzi di comunicazione di massa e un pubblico vario che va dagli specialisti ai consumatori occasionali di divulgazione storica. A questi temi proprio la nostra contemporaneistica, di cui Legnani rilegge le vicende dal ventennio costituente 1955-75 alla successiva fase di articolazione e disorientamento, stenta a prestare la dovuta attenzione. Qui l’assunto dell’autore si fa metodo di lavoro concreto, in modo che a capire ci aiutano non solo la funzione periodizzante della Storia d’Italia dell’Einaudi rispetto alla produzione storiografica, ma le vicende della Società degli storici italiani, delle riviste, dei corsi di laurea in storia.
Lo storico, come professionista, è comunque corresponsabile anche del senso comune storiografico, che non può limitarsi a contestare in toto. Negli ultimi quindici anni a questo proposito, secondo Legnani, sono emerse linee di forza precise: un rapporto ambiguo fra storia e memoria, la storiografia presentata come “ricreazione del vissuto” e illustrazione della “storia che passa” e come tale riduce ad uno il passato pacificato e decantato dei suoi conflitti. Su questa base l’uso pubblico della storia e la parallela tendenza a un sostanziale “azzeramento del passato” possono crescere assieme, come avviene alla fine del decennio. È una contraddizione che riguarda l’accelerazione generale dei processi di cambiamento a fine secolo, ma affonda anche radici specifiche nella storia dell’Italia repubblicana. La stessa parabola del revisionismo sembra a Legnani conclusa alla metà degli anni novanta. In seguito il passato, nei casi peggiori, è solo un’amplificazione del presente, un deposito di esempi retorici, mentre il giudizio storico è ridotto a una funzione ornamentale.
Ciascuno di noi, dopo il 1998, ha talvolta saggiato la validità di questi giudizi. Eluderli, nell’esercizio contemporaneo del mestiere di storico, sembra comunque rischioso, se non impossibile.

Giuseppe Civile