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Massimo Legnani – L’Italia dal fascismo alla Repubblica. Sistema di potere e alleanze sociali, a cura di Luca Baldissara, Stefano Battilossi, Paolo Ferrari, Introduzione di Enzo Collotti – 2000

Massimo Legnani
Carocci, Roma

Anno di pubblicazione: 2000

Si tratta del secondo volume degli scritti di Legnani, come il primo (Al mercato della storia) curato da tre suoi allievi e pubblicato nella collana “Italia contemporanea” dell’Istituto nazionale per la storia del Movimento di Liberazione in Italia, che l’autore diresse sino alla scomparsa, nel 1998. Vi sono riuniti sei saggi scritti nell’arco di un ventennio, tra la metà degli anni settanta e dei novanta, che documentano del continuo interrogarsi sulle caratteristiche del composito blocco di potere tra fascismo e ricostruzione. L’articolarsi degli interessi entro il rapporto tra politica ed economia è infatti una costante della sua ricerca, tale che può dirsi senza alcun dubbio che Legnani è stato tra i pochi studiosi dell’Italia contemporanea a varcare i confini che separano la storia politica da quella economica, offrendo un contributo interpretativo originale ma purtroppo sottovalutato (e si spera che questa raccolta possa restituire il posto che gli compete), forse anche per il suo carattere schivo, appartato dai riti del mondo accademico.
Dal suo contributo appare chiaro il nesso di continuità tra Italia fascista e Italia postfascista; un nesso tuttavia non ipostatizzato, ma indagato nel suo farsi, nel mutare delle alleanze sociali e delle connessioni tra interessi economici e interessi politici, ricondotto alle dinamiche dei processi reali. Così, fascismo e capitalismo riemergono – contro ogni schematismo concettuale – nella loro composita aggregazione di gruppi dirigenti, tra loro anche conflittuali, e di culture. Si ricostruiscono i percorsi che conducono personalità provenienti da esperienze diverse a saldarsi e integrarsi nel “compromesso autoritario” espresso dal fascismo, ma proprio per la loro diversità mai del tutto riassorbite e identificate in esso. I caratteri di quel compromesso si manifestano appieno nell’espansionismo fascista e nella guerra, con la formazione di un’industria di Stato e il sempre più stretto intreccio tra pubblico e privato, che tuttavia si prolungano oltre la stessa caduta del regime, rivelando che l’incontro con esso era avvenuto non già sui disegni imperialistici, ma sulle modalità di realizzazione del rapporto Stato-economia. La ridislocazione dei gruppi di potere durante la guerra è quindi il punto di partenza per l’interpretazione dei caratteri della ricostruzione, cui sono dedicati due ampi saggi, il secondo dei quali (L’utopia grande borghese) costituisce un esempio – purtroppo senza emuli, come sottolinea anche Collotti nella bella e partecipe Introduzione – di trattazione storiografica capace di restituire l’intreccio tra culture, interessi di classe e dinamiche concrete di trasformazione. Laddove, negli anni della ricostruzione, si profila nella Confindustria un cervello della direzione economica del paese, con un disegno complessivo di governo della società e con l’obiettivo – come già era accaduto con il fascismo – del controllo del mercato del lavoro.

Stefano Magagnoli