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Massimo Teodori – Storia dei laici nell’Italia clericale e comunista, – 2008

Massimo Teodori
Venezia, Marsilio, 362 pp., euro 19,50

Anno di pubblicazione: 2008

Il titolo sintetizza la linea interpretativa di Massimo Teodori secondo il quale la ragione principale della debolezza del liberalismo riformatore e antitotalitario, a suo avviso cifra caratterizzante la presenza dei laici nella cultura e nella politica del secondo dopoguerra, risiede nel predominio dei clericali e dei comunisti.Antifascisti e anticomunisti, i laici di Teodori sono rintracciati nei luoghi di produzione di una cultura politica che guardava ai mutamenti delle democrazie occidentali più che ai partiti che da essa promanavano: furono minoranza vitale e decisiva ai fini del consolidamento di una moderna democrazia pluralista in Italia, in perenne lotta con le forze di massa che prevalsero. L’appellativo «laico» è usato da Teodori in modo estensivo: non solo in esso rientrano a pieno titolo quei gruppi intellettuali raccolti nel Movimento federalista euro peo, nell’Associazione per la libertà della cultura, in riviste come «Tempo presente», «Il Mulino», «Comunità», «Nord e Sud» e soprattutto il settimanale di Mario Pannunzio, «Il Mondo», ma l’area è progressivamente estesa fino a comprendere le forze politiche inizialmente approdate alla dimensione staliniana, e poi autrici di una rottura totale con essa.Poco considerati i laici conservatori «maccartisti», i radicali sono oggetto di un’analisi privilegiata: sia nella prima articolazione assunta dal 1955 al 1962, frutto dell’incontro della sinistra liberale con ex azionisti come Valiani, Rossi e Calogero, e naufragata di fronte al centro-sinistra, sia nella nuova declinazione degli anni ’70, vivificata dal ritardo nel caso italiano del riconoscimento delle libertà civili, con Marco Pannella leader indiscusso. Ciò non è ascrivibile soltanto alla biografia dell’a., che in quelle due esperienze spese il suo impegno politico, ma anche a un’accezione ideologica della dimensione laica, della quale i «nuovi radicali» furono nel bene e nel male la principale espressione.Alcuni giudizi storicamente infondati – definire Norberto Bobbio «il più prestigioso fellow traveller del Pci fino alla nomina a senatore a vita» (p. 53) stride con i dati di realtà: Bobbio assunse un ruolo pubblico rilevante come intellettuale d’area socialista, avversario della politica di Berlinguer, vezzeggiato da Craxi alle origini della sua avventura. Senatore a vita nel 1984, nel 1985 si oppose al referendum sulla scala mobile voluto dal Pci; nel 1991 fu favorevole alla prima guerra contro l’Iraq, contrastata dai postcomunisti – sono tuttavia spie interessanti. Per Teodori l’azionismo fu presenza «marginale» (p. 51), con pulsioni non interamente ascrivibili a una dimensione laica: in realtà di lì, e dalla sinistra liberale, promanò la credibilità dei laici nel secondo dopoguerra. La cultura secolarizzata all’origine del Partito d’azione non solo sopravvisse, ma fruttificò politicamente, almeno fino alla fine degli anni ’70, perché seppe leggere e interpretare il tempo presente nelle sue specificazioni occidentali nell’«età dell’oro», tanto da incidere, dopo la morte di Togliatti, sull’evoluzione dello stesso Pci.

Paolo Soddu