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Matteo Petracci – Pochissimi inevitabili bastardi. L’opposizione dei maceratesi al fascismo dal biennio rosso alla caduta del regime – 2009

Matteo Petracci
Ancona, Il Lavoro editoriale, 380 pp., Euro 25,00

Anno di pubblicazione: 2009

Il volume, frutto dell’appassionato lavoro di un giovane studioso, propone un’articolata ed esauriente ricostruzione delle vicende dell’antifascismo maceratese dal «biennio rosso» fino al 25 luglio.Se la storiografia sull’antifascismo italiano ha prodotto nei decenni passati una notevole mole di pubblicazioni, essa non ha certo esaurito la sua ragion d’essere, come dimostrano recenti studi di taglio locale, su singole personalità o gruppi, nonché su questioni attinenti all’emigrazione politica. Il rinnovato interesse da parte di giovani studiosi apre scenari promettenti, dato che essi possono indagare con nuove lenti interpretative fonti e filoni in parte già sondati, ma che attendono nuove sistematizzazioni, riletture, correzioni prospettiche.Fra i meriti del presente lavoro si segnala innanzitutto l’uso di un ampio spettro di documenti (carte del Ministero degli Interni, archivi locali, fonti a stampa, testimonianze). L’a. riesce così a restituire pienamente la dimensione sfaccettata e plurale del fenomeno. Affrontando l’articolazione politico-ideologica dell’antifascismo locale, i picchi e i momenti di stanca dell’attività cospirativa, le scelte dell’emigrazione e della partecipazione alla guerra di Spagna (secondo una scansione ampiamente collaudata), l’a. insegue una molteplicità di reti sociali, percorsi individuali ed episodi apparentemente marginali, concedendo ampio spazio non solo alle componenti più organizzate ma anche alle «forme povere della protesta» (p. 208), ovvero a quelle manifestazioni di ribellismo più o meno spontaneo, di insofferenza e disagio che punteggiarono la vita della provincia nel ventennio. Un ritratto corale in cui trova conferma quanto da tempo sta emergendo, ovvero che le traiettorie dell’antifascismo disegnano un quadro molto meno schematico e «ordinato», ma sicuramente più complesso e disperso, di quanto le tradizionali ricostruzioni ci abbiano consegnato; alla pluralità di appartenenze sociali e di motivazioni soggettive si affiancano una varietà di luoghi nonché di pratiche e di gesti «sovversivi». L’a., che ha scelto giustamente di non addentrarsi nella fase successiva all’8 settembre, si sofferma anche sulle vicende dell’emigrazione in Unione Sovietica, dando conto di due casi di esecuzione di maceratesi.Le questioni sollevate nel volume invitano a riconsiderare con maggiore attenzione una serie di nodi storiografici correlati: la combinazione fra violenza fascista, repressione e costruzione del consenso nelle diverse aree del paese; la maggiore o minore capacità delle strutture locali del regime di organizzare la società canalizzandone interessi e aspettative; la molteplicità di atteggiamenti (dall’accettazione passiva alla militanza entusiastica) racchiusi dentro una categoria, quella del consenso, usata spesso senza un’adeguata problematizzazione; le eventuali continuità fra reti clandestine attive nel ventennio e ricostruzione nell’Italia postbellica del tessuto politico e associativo. Si tratta di problemi che meriterebbero un più ampio dibattito e che lavori come questo possono contribuire a stimolare.

Francesca Cavarocchi