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Maurizio Degl’Innocenti – L’epoca giovane. Generazioni, fascismo e antifascismo – 2002

Maurizio Degl’Innocenti
Manduria-Bari-Roma, Piero Lacaita Editore, pp. 452, euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2002

Il volume intende indagare il ruolo del fattore generazionale nella storia d’Italia dei primi decenni del Novecento, sia ?in rapporto ai processi di mutamento politico?, sia sul piano della retorica, dove tale fattore si espresse nella dicotomia giovane/vecchio. L’analisi si apre con una suggestiva rievocazione dell’atmosfera culturale primo-novecentesca, profondamente segnata dagli stereotipi giovanilistici e dalla rivolta dei ?figli? contro la tranquilla solidità dei padri. Espressionisti, futuristi, vociani alimentarono una ?cultura della frattura? sulla quale la guerra agirà come straordinario fattore di catalizzazione, trasformando la linea di faglia in una voragine, pronta a inghiottire il mondo di ieri.
La seconda parte del volume è dedicata al fascismo, come al movimento che pretese di rappresentare l’alternativa generazionale al ?vecchio? mondo d’anteguerra. Durante il ventennio la tematica giovanilistica godette sul piano retorico di una straordinaria fortuna, sopravvivendo, seppur addomesticata a una logica prevalentemente organicistica, alla fase movimentista e squadrista del primo fascismo. Spostandosi però sul piano delle concrete politiche giovanili, appare evidente all’autore come il regime non avesse altri obiettivi se non quello di un’integrale fascistizzazione della gioventù nel nome del duce. La questione della formazione di nuove élites non sembra aver agitato troppo i sonni di Mussolini (ma neanche, si suggerisce, quelli dell’?eretico? Bottai); né, d’altro canto, di fronte alla capillarità dell’inquadramento della gioventù, sembra all’autore ammissibile la tesi defeliciana della superficialità della presa culturale del fascismo sui giovani.
Nella terza e ultima parte, si procede a verificare il ruolo del concetto di generazione nella cultura politica dell’antifascismo, da un lato evidenziando il potere attrattivo degli stereotipi giovanilistici d’anteguerra (Gobetti, Carlo Rosselli, ma non la vecchia guardia dei socialisti unitari); dall’altro suggerendo una connessione tra questi stereotipi e un titanismo moralistico dalle evidenti venature antiriformiste e antiparlamentari.
Se l’analisi del fattore generazionale sul piano della retorica e della cultura gode nel volume di ampio rilievo, meno indagata è la sua concreta operatività politica, ovvero le forme e gli obiettivi della mobilitazione politica giovanile. Da questo punto di vista, la ricostruzione del giovanilismo prefascista si sarebbe forse giovata di uno sguardo sulla tensione generazionale in atto in seno a tutti i principali partiti d’anteguerra (solo il caso, eclatante, del partito socialista viene citato in nota), mentre la contestazione della tesi defeliciana sullo scollamento della gioventù dal regime difficilmente può trovare sostegno in una semplice elencazione di dati relativi alla forza numerica delle organizzazioni volte all’inquadramento gerarchico dei giovani. Ma rimangono, queste, considerazioni al margine di un libro ricco e stimolante, cui va riconosciuto il merito indiscutibile di aver svelato l’efficacia del criterio generazionale come chiave d’accesso per la comprensione non solo dell’ideologia e della retorica fasciste, ma di buon parte della cultura politica italiana del primo Novecento.

Elena Papadia