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Maurizio Ridolfi (a cura di) – La democrazia radicale nell’Ottocento europeo. Forme della politica, modelli culturali, riforme sociali – 2005

Maurizio Ridolfi (a cura di)
?Annali della Fondazione Giangiacomo Feltrinelli?, Milano, Feltrinelli, pp. 424,

Anno di pubblicazione: 2005

Dei volumi collettanei questo libro mostra qualche difetto, e gode però anche di parecchi pregi. I difetti consistono soprattutto in alcuni ?buchi’ e in una certa eterogeneità dei contributi. Si tratta però di pecche forse inevitabili in imprese di questa natura, e più che controbilanciate dai vantaggi che offre l’approccio polifonico: la pluralità dei punti di vista e la possibilità di attraversare i confini nazionali. Tanto più che il radicalismo muta molto da paese a paese: dall’Italia (della quale scrivono Fulvio Cammarano ed Emma Mana), alla Gran Bretagna (Eugenio Biagini), a Polonia e Ungheria (Francesco Guida), alla Spagna (José Álvarez Junco e Luis P. Martin); ed è plurale nelle sue sfumature culturali, ad esempio nel filellenismo (Gilles Pécout), nelle sue contaminazioni internazionali, anche transatlantiche (Olivier Ihl e Roland Sarti), nella sua interlocuzione con soggetti altri come la massoneria (Fulvio Conti).
In questo libro il radicalismo ottocentesco, oltre a essere ovviamente un oggetto di ricerca, diviene pure un luogo di sperimentazione metodologica e un punto di osservazione peculiare. Luogo di sperimentazione metodologica in quanto fenomeno politico ?ottocentesco’: fatto di individui e idee prima e più che di strutture, proiettato verso la ?modernità’ ma per tanti versi ancora premoderno. Ed è significativo, in questa prospettiva, che se ne sia voluta occupare un’istituzione ?modernista’ come la Fondazione Feltrinelli. E punto d’osservazione privilegiato su un’età di transizione, e sul modo nel quale i problemi di quell’età venivano declinandosi nell’area euroatlantica.
Il radicalismo descritto in questo volume appare notevole per come riesce in fondo, seppure con grande fatica, a trovare una propria coerenza sul terreno ideologico, nei valori che persegue; e al contempo per come da quel nucleo di valori si giunga nei diversi paesi a esiti politici assai variati, quando non addirittura opposti. Dai saggi compresi nel libro, in particolare, emerge una volta di più la ?specialità’ del caso inglese rispetto al resto del continente. In Gran Bretagna il radicalismo si muove in larga misura, seppure non del tutto, all’interno della tradizione politica insulare e dell’assetto costituzionale generato dalla ?frattura sismica? secentesca, dei quali dà l’interpretazione più avanzata che sia possibile. Si lega così alla storia nazionale; postula il carattere positivo della società civile; e non solo è compatibile con la religione, ma addirittura ne nasce. La libertà del radicalismo inglese, insomma, è il culmine del continuum tradizione-religione-società civile ? o almeno, di una certa lettura di quel continuum. Là dove la libertà del radicalismo continentale, che si appoggia su valori poi non troppo dissimili da quelli che fondano il radicalismo inglese, è assai spesso il culmine di un continuum molto diverso, fatto di razionalismo, laicismo e profonda riforma della società ? o quanto meno della psiche sociale. Tanto che di fronte al più aperto dei governi italiani, quello presieduto da Cairoli, la «Civiltà cattolica» può esclamare esasperata: ?Questa non è libertà, ma liberalismo?.

Giovanni Orsina