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Maurizio Zinni – Fascisti di celluloide. La memoria del ventennio fascista nel cinema italiano (1945-2000) – 2010

Maurizio Zinni
Venezia, Marsilio, 340 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2010

Pur concepito per specialisti di cinema, questo volume è destinato a suscitare anche l’interesse degli storici dell’Italia contemporanea, situandosi alla confluenza di diversi ambiti disciplinari riguardanti la memoria, l’immaginario collettivo e i rapporti tra cinema e storia.Sebbene sul cinema del ventennio il lettore disponga ormai di importanti contributi, dai volumi di Mino Argentieri sino ai saggi di Vito Zagarrio e Gian Piero Brunetta, il libro di Zinni si distingue per analizzare non tanto il cinema prodotto durante il ventennio quanto il modo in cui il fascismo è stato recepito nell’immaginario cinematografico italiano dopo la fine del regime. L’a. mette in luce sino a che punto l’epoca fascista costituisca per l’industria culturale dell’Italia repubblicana una sorta di Urszene in senso freudiano, ovvero quella scena primitiva che riporta a un avvenimento passato, poco importa se corrispondente a una storia aderente a fatti realmente accaduti, in relazione al quale il soggetto, in questo caso nazionale, costruisce e interpreta il proprio presente.Il volume si articola in otto capitoli scanditi dai principali rimaneggiamenti governativi dell’Italia del dopoguerra, e mette in luce la sorprendente rapidità con cui il cinema reagisce a passeggere congiunture politiche e a puntali alleanze di governo.Nel vasto arco temporale studiato si succedono sostanzialmente tre atteggiamenti riguardo al passato fascista. Nell’immediato dopoguerra prevale l’immagine di un fascismo percepito come esperienza fondamentalmente estranea e non rappresentativa della società italiana nel suo complesso. Dopo una quasi totale assenza di film riguardanti il fascismo tra il ’56 e il ’59, dagli anni ’60 sino ai primi anni ’80 il cinema, tanto nelle sue versioni d’autore che in quelle più popolari della commedia, tende invece a sottolineare la continuità ideologica esistente tra il regime fascista e l’ordinamento politico dell’Italia repubblicana. Infine, negli ultimi due decenni del ‘900, si assiste a un forte calo di produzioni ambientate nell’Italia in camicia nera, che abbandonano le interpretazioni del ventennio dai forti connotati politici a favore di rivisitazioni storiche in cui l’epoca fascista fa solo da sfondo a trame di carattere privato e rétro.Tra le conclusioni più interessanti il fatto che la società italiana abbia costruito il proprio confronto con l’epoca fascista non attraverso le griglie interpretative elaborate da studiosi ma principalmente sulle immagini veicolate dai mezzi di comunicazione di massa, rapidamente cristallizzate intorno a un repertorio limitato di luoghi comuni e di topoi visivi ricorrenti.Non ultimo dei pregi del volume, la ricchezza documentaria su cui è basata la ricerca, con oltre 140 lungometraggi esaminati, alla luce anche degli apprezzamenti della critica e del loro successo di botteghino. Sarebbe stato solo auspicabile aver tenuto distinta l’analisi dell’iconografia mediante la quale si riconosce visivamente il fascista (livello semantico) da quella contestuale ovvero dell’uso e del senso che si dà a tale immagine nel momento storico della sua fruizione (livello pragmatico).

Asher Salah