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Max Salvadori. Appunti per una biografia politica

Alessandra Grasso
Roma, Aracne, 292 pp., € 15,30

Anno di pubblicazione: 2014

L’affascinante e sfuggente figura di Max Salvadori ha suscitato ammirazione e perplessità,
fin dal secondo dopoguerra. Incertezze e dubbi sulla moralità di questo antifascista
liberale che, come rivela l’a. studiando a fondo nel primo capitolo le solide matrici
antifasciste della famiglia Salvadori, avevano già avvolto negli anni ’20 e ’30 il padre.
L’a. si sofferma a lungo nel primo capitolo sul rapporto tra padre e figlio, narrando
l’aggressione squadrista subita da Guglielmo Salvadori davanti agli occhi del giovane
Max, un attacco che Guglielmo considerava – nonostante le critiche in tal senso ricevute
da Salvemini – un tentato omicidio ordinato da Mussolini come punizione per gli articoli
critici verso il regime scritti nell’infuocato clima del delitto Matteotti.
Ad ogni modo, l’a. sottolinea il forte impatto emotivo che suscitò in Max questo
episodio, determinante non solo nel comportare il trasferimento di tutta la famiglia in
Svizzera ma anche nell’orientarlo politicamente.
Se in questa parte del volume, il protagonista è ancora il padre, inizia a delinearsi
però la vigorosa figura morale della madre, la contessa Giacinta Galletti di Chadillac,
grazie alla cui nazionalità inglese Max potrà beneficiare della doppia cittadinanza.
Durante l’esilio in Svizzera, Guglielmo e Giacinta collaborano con l’antifascismo svizzero
e francese, entrando in contatto con Salvemini, Cianca e altre figure di spicco del futuro
movimento giellista, con cui Max inizia a collaborare subito dopo la fondazione nel 1929.
Nel secondo capitolo si analizza l’attività politica clandestina svolta da Salvadori per
Giustizia e Libertà al suo rientro in Italia dall’esilio svizzero, consistente soprattutto nella
diffusione della stampa clandestina e nell’organizzazione di una cellula a Roma.
L’arresto nel 1932, la detenzione, la condanna al confino e soprattutto la lettera a
Mussolini con cui s’impegnava a non svolgere attività contro il fascismo e che gli avrebbe
consentito di non scontare la pena sono analizzati con equilibrio senza moralismo.
Il terzo capitolo segue le attività politiche dell’inquieto Salvadori dopo il suo rilascio,
evidenziandone luci e ombre. Non pare esservi dubbio, leggendo il libro, che Salvadori
compia il salto di qualità politico collaborando con l’intelligence inglese, con cui entra in
contatto grazie alla nazionalità britannica e alle relazioni famigliari. Qui dimostra acuta
intelligenza e abilità politica non priva di un machiavellismo al limite dell’ambiguità,
soprattutto nei rapporti con la polizia politica fascista fra anni ’30 e 1941.
L’a. si deve infine «arrendere» davanti l’impossibilità di chiarire le responsabilità di
Salvadori e degli inglesi rispetto all’ordine di uccidere Mussolini. Questa e altre difficoltà
a chiarire il senso di alcune attività di Salvadori sono dovute soprattutto all’impossibilità
di consultare il suo archivio personale, limite che l’a. cerca di superare con documenti della
polizia politica fascista ma che si sarebbe forse meglio compensato analizzando meglio
il profilo ideologico-cuturale di Salvadori, qui approfondito solo a tratti.

 Davide Grippa