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Michael Broers – The Napoleonic Empire in Italy, 1796-1814. Cultural Imperialism in a European Context? – 2005

Michael Broers
Basingstoke, New York, Palgrave Macmillan, pp. XIV-368, $ 83,95

Anno di pubblicazione: 2005

Questo libro, che completa un percorso iniziato con The Politics of Religion in Napoleonic Italy, del 2002, riflette le caratteristiche della tradizione degli studi anglosassoni, in cui spesso ha avuto un ruolo centrale un giudizio di valore sugli italiani. Non a caso sono le letture di Duggan sull’esperienza crispina e di Ginsborg sull’Italia repubblicana a costituire l’approdo finale del libro, che si propone di indagare la fase originaria del processo di modernizzazione della penisola. Broers evidenzia la specificità del sistema di dominio in Piemonte ? vera testa di ponte per i francesi ? e negli altri territori annessi all’impero, dove l’accentramento napoleonico si sviluppò senza il filtro delle amministrazioni satelliti di Napoli e Milano, dando origine a dinamiche di assimilazione tipiche dell’imperialismo culturale. Questo non è l’unico esempio di un concetto tratto dagli studi sul colonialismo e calato nel contesto dell’Italia napoleonica, di cui Broers ricostruisce le fasi dell’amministrazione civile, dalla stagione dei governatori repubblicani a quella ?satraps? imperiali, fino all’impianto del sistema prefettizio che escluse l’elemento locale dalla direzione delle sottoprefetture e ribadì i limiti dell’integrazione. L’altro settore su cui Broers si concentra è la magistratura, i cui vertici furono appannaggio di francesi e di numerosi piemontesi, i quali però finirono col creare non pochi problemi, per l’incapacità di afferrare l’essenza del nuovo sistema giudiziario. Allo stesso modo, la massa di denunce fatte da italiani fu un’arma a doppio taglio: da un lato i loro autori rivelavano un certo grado di accettazione dell’autorità statale, dall’altro le delazioni dimostravano la sopravvivenza di quella mentalità barocca che si voleva estirpare. Il tentativo di rigenerare i sudditi d’Oltralpe si arenò fra le contraddizioni della politica francese: alla distruzione dell’antico ordine non fece seguito la creazione di un nuovo regime in cui gli italiani potessero riconoscersi. Di conseguenza, l’Empire avrebbe tracciato, per la prima volta e in maniera decisiva, la frattura tra paese reale e paese legale, spingendo gli italiani a rifugiarsi in una sfera privata per reagire all’arbitraria distruzione della propria cultura. Broers ha il pregio di tornare a riflettere sul significato dell’età francese, ma spinge troppo avanti la similitudine con i casi extraeuropei e sottovaluta vari aspetti, quali la portata della crisi degli antichi Stati, la precedente francesizzazione dello stesso Piemonte, la diffusione del pregiudizio nei confronti degli abitanti delle campagne, presente tanto nei dipartimenti francesi quanto in quelli italiani. La dicotomia tra società e Stato non può essere applicata in maniera indifferenziata a tutta la realtà italiana e in qualsiasi epoca, né si possono trascurare quelle correnti di pensiero che, durante e dopo la rivoluzione e l’impero, ne rielaborarono l’esperienza nell’ambito di una più generale riflessione sulla società moderna, e trovarono un proprio ancoraggio alla modernità, difficile da realizzare ma tutt’altro che imposto.

Silvano Montaldo