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Michel de Certeau – Storia e psicanalisi. Tra scienza e finzione – 2006

Michel de Certeau
Prefazione di Michele Ranchetti, con un saggio introduttivo di Luce Giard, Torin

Anno di pubblicazione: 2006

Pubblicato una prima volta nel 1987, e poi in edizione accresciuta nel 2002, il volume riunisce saggi composti tra il 1967 e il 1983 su temi centrali della riflessione storiografica: l’intreccio tra storia e altre discipline, la questione della narrazione e della soggettività. Tre capitoli analizzano l’opera di Foucault; gli ultimi due problemi di storia della psicanalisi. La raccolta costituisce un esercizio virtuosistico di lavoro ai margini tra saperi diversi; quando Certeau scrive di storia è come leggere un testo di psicanalisi, quando scrive di psicanalisi, ecco un saggio su Freud, la letteratura e la storia. Tale agilità, visibile fin dal primo capitolo, offre spazi inediti a una annosa questione. Certeau dimostra infatti come il discorso storico stia a metà strada tra scienza e letteratura, né verità dimostrata né finzione, né pura retorica né scienza sul modello fisico-matematico. Questa identità entre-deux consente di affrontare con largo anticipo temi attualissimi della storiografia: accanto alla questione della differenza sessuale e della pluralità dei soggetti storici, l’impatto dei media e dell’informatica. Attento al funzionamento delle istituzioni e dei saperi che le rappresentano, anziché interrogarsi sui modi di introdurre categorie psicanalitiche in storia, Certeau sottolinea la natura squisitamente storica della psicanalisi, e spiega: «Là dove la psicanalisi ?dimentica? la propria storicità ? vale a dire il proprio rapporto interno con dei conflitti di potere e di posto ?, essa tende irrimediabilmente a divenire un meccanismo pulsionale, una forma di dogmatismo discorsivo, oppure una gnosi simbolica» (p. 88). Dopo il ’68, la psicanalisi francese si diffonderà come una mina vagante tra le scienze umane, introducendovi la questione del soggetto nell’accezione data da Lacan nel seminario del 1959-60 sull’etica, «il più importante (e il più storiografico) dei suoi seminari» (p. 94). In Lacan: un’etica della parola, scritto in occasione della morte del grande psicanalista, Certeau descrive un uomo che abbandona successivamente le diverse istituzioni di cui diviene protagonista, fondatore, maestro. Lacan lascia infatti nel ’53 la Société psychanalytique de Paris; in seguito l’Associazione psicanalitica internazionale nel ’63; e infine, nell’80, l’École freudienne. Egli lavora instancabilmente sulla parola, valorizza il suono, esalta la funzione poetica del linguaggio; nel liberare i significanti dai loro significati, l’analista diventa soprattutto orecchio attento a cogliere la poesia presente in ogni suono emesso dall’altro. Così, sottraendosi alla rigidità istituzionale, si mantiene fedele a Freud e alla storia. Si ritrae, scrive Certeau, per lasciare soltanto il suo nome, «come i sandali di Empedocle sul ciglio dell’Etna» (p. 210).

Paola Di Cori