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Michele Alacevich – Le origini della Banca mondiale. Una deriva conservatrice – 2007

Michele Alacevich
Milano, Bruno Mondadori, XXI-261 pp., Euro 24,00

Anno di pubblicazione: 2007

Chi si avvicinasse a questo studio per conoscere «le origini della Banca mondiale», così come riportato nel titolo, ne resterebbe deluso. Il volume parla della Banca internazionale per la ricostruzione e lo sviluppo, ma si concentra esclusivamente sulla filosofia del suo operato nel corso degli anni ’50 quando, suo malgrado, fu costretta a passare dall’accento posto sulla ricostruzione europea ad uno posto sullo sviluppo. L’editore ha probabilmente imposto una titolazione riguardante il tema delle «origini» con l’intento di allargare il pubblico di uno studio molto sofisticato e analitico. In realtà l’oggetto del libro è quella «deriva conservatrice» alla quale si accenna nel sottotitolo, che si sarebbe arrestata solo attorno alla metà degli anni ’60 con il passaggio, anche all’interno dell’istituzione, a una concezione più ampia dello sviluppo. All’a. interessano la «preistoria dello sviluppo» (p. XV) e le diverse visioni strategiche che si confrontarono all’interno della stessa Banca e nella nascente disciplina dell’economia dello sviluppo e che, insieme al legame dei dirigenti della Banca con l’ambiente finanziario di Wall Street e alla necessità di affermarsi come credibile istituzione creditizia per raccogliere capitali privati, contribuirono a formare una politica della Banca basata sul finanziamento di singoli progetti «produttivi», piuttosto che sul finanziamento di piani più generali che potessero coinvolgere anche la dimensione sociale dei paesi in via di sviluppo.Per spiegare tali aspetti, nonché il loro rapporto con il funzionamento di una burocrazia internazionale, l’a. ricorre alla sociologia, all’economia, alle scienze politiche, e soprattutto agli archivi della Banca conservati a Washington. Il cuore del libro consiste in una lunga disanima della prima missione di studio della Banca in Colombia nella prima metà degli anni ’50, durante la quale si confrontarono l’approccio di programma del primo capo della missione Lauchlin Curie con quello del suo sostituto Albert O. Hirschman, più focalizzato sul finanziamento di singoli progetti. L’utilizzo delle fonti della Banca rende in più parti viva la narrazione (che beneficia anche di alcune foto dell’epoca) dei protagonisti sul campo che si battono per sostenere le proprie tesi, spesso scontrandosi con i propri superiori a Washington.Con questo studio, Alacevich compie un servigio non solo nel panorama scientifico italiano, ma in quello internazionale, dove esistono storie (anche molto ben fatte) della Banca, ma solo finanziate dalla stessa istituzione e a cura di più autori. Allo stesso tempo, qualche digressione di ordine sociologico e teorico, così come sulla dimensione psicoanalitica dei rapporti tra i protagonisti della missione colombiana, non sempre risulta perfettamente amalgamata al resto del testo. Si tratta di un libro che è comunque un’opera originale e appassionata, che si colloca saldamente in un filone che si spera possa essere ancora ricco di indagini sulle istituzioni economiche internazionali e sul modo in cui queste si sono rapportate, non sempre a suo beneficio, ai problemi del Terzo Mondo.

Giuliano Garavini