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Michele Pistillo – Pagine di storia del Partito Comunista italiano – 2004

Michele Pistillo
Manduria (Ta), Lacaita, pp. 330, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2004

La ricerca di Michele Pistillo si limita temporalmente al periodo 1921-1953 e nel merito ad alcuni episodi significativi (il socialfascismo, la controsvolta unitaria e nazionale della metà degli anni ’30, il patto Ribbentrop-Molotov, la ?svolta di Salerno?, l’alternativa democrazia/insurrezione nel dopoguerra). L’autore dichiara già nell’introduzione l’intento di opporsi al ?revisionismo storiografico?, accusato di pregiudizio ideologico e politico contro il comunismo italiano: ?spesso le due vie si confondono? (p. 7) scrive con riferimento a politica e storiografia, solo che si confondono anche nel suo libro (tra l’altro poco curato editorialmente: l’uso delle fonti e della letteratura critica è opinabile, il sistema di notazione è carente e mutevole, manca l’indice dei nomi), sorta di difesa d’ufficio del PCI.
Dove Pistillo ha ragione è nel dire che tutta la storia del PCI si spiega solo entro le coordinate nazionali, viene dal profondo della storia italiana (p. 44), come critica dei vizi di fondo del socialismo riformista e del liberalismo prefascista. Che poi il PCI togliattiano non abbia affatto superato quei vizi nazionali, smentisce proprio che si tratti di un corpo estraneo, eterodiretto dai sovietici. I diktat moscoviti, scrive Pistillo, erano esattamente ?ciò che Togliatti voleva: con il consenso di Stalin troncare ogni discussione nella Direzione del PCI? (p. 25); se la ?svolta? di Salerno incontrò infatti forti resistenze nel Partito, sia da parte del ?centro? di Roma (Scoccimarro, Amendola), che in quello del Nord (Longo, Secchia), la sponda di Stalin risultò determinante, anche nel senso di superare le resistenze degli altri partiti antifascisti, che all’inizio non avevano accettato di posticipare la questione istituzionale e avevano chiesto le dimissioni immediate del re. La ?bomba Ercoli?, come la chiamò Nenni, cambiò dunque l’agenda politica nazionale, ponendo i comunisti, gli unici dotati di una vera strategia (come ammise lo stesso Nenni), in una posizione cruciale che avrebbe assicurato loro un ruolo rilevante sulla scena politica italiana anche nei decenni a venire.
La parte decisamente inaccettabile del libro è la seconda, quella dedicata a Stalin, dal patto Ribbentrop-Molotov al 1953. Pistillo non riesce a nascondere la sua simpatia per il dittatore georgiano, ne vanta la ?segreta grandezza? (p. 166), lo definisce fra i più grandi statisti del ‘900, ecc. Con riferimento alla guerra fredda insiste sulle difficoltà dell’URSS dopo le distruzioni operate dalla guerra di sterminio nazista e sul blocco rappresentato dalla cortina di ferro: manca quindi un esame equilibrato del dopoguerra, del significato vero di quei decenni, dei riflessi sulla politica interna dei paesi occidentali e di conseguenza sui singoli partiti di sinistra. L’insieme del libro non fa che rafforzare la convinzione che per scrivere pagine autentiche di storia del comunismo italiano si debba rinunciare sia alle liquidazioni revisioniste che alle zelanti apologie.

Fabio Vander