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Michele Sarfatti – Gli ebrei nell’Italia fascista. Vicende, identità, persecuzione – 2000

Michele Sarfatti
Einaudi, Torino

Anno di pubblicazione: 2000

L’autore, protagonista insieme al Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano della recente fioritura di studi sulle leggi razziali, giunge qui ad una sintesi ma anche ad un notevole sviluppo documentario ed interpretativo dei suoi lavori, tra cui 1938: le leggi contro gli ebrei, nel numero con lo stesso titolo de “La Rassegna mensile di Israel” del gennaio-agosto 1988; il saggio nel volume edito nell’89 dalla Camera dei deputati, La legislazione antiebraica in Italia e in Europa. Atti del Convegno nel cinquantenario delle leggi razziali (Roma, 17-18 ottobre 1988); Mussolini contro gli ebrei. Cronaca dell’elaborazione delle leggi del 1938 (Torino, Zamorani, 1994); il saggio negli Annali della Storia d’Italia. Gli ebrei in Italia, a cura di C. Vivanti (Torino, Einaudi, 1998); la curatela di Il ritorno alla vita: vicende e diritti degli ebrei in Italia dopo la seconda guerra mondiale (Firenze, Giuntina, 1998).
In questo volume (che rispetto al saggio degli Annali rappresenta un notevole ampliamento cronologico e tematico) la solidità dell’impianto e la ricchezza delle fonti, soprattutto archivistiche (Archivio Centrale, Ministero degli Esteri, Ufficio Storico dello Stato Maggiore dell’Esercito, Unione delle Comunità, Cdec, vari archivi privati, 21 archivi di Stato) fanno sì che Sarfatti riesca a dar conto sia della politica fascista che della vita interna dell’ebraismo italiano nelle tre fasi da lui denominate, con una significativa continuità, “persecuzione della parità dell’ebraismo (1922-36)”, “persecuzione dei diritti degli ebrei (1936-43)” (cui è dedicato il capitolo IV, il più lungo e articolato), “persecuzione delle vite degli ebrei (1943-45)”. Vengono inoltre segnalati molti punti che restano da indagare, quali l’apporto dei giornalisti alla campagna razzista (p. 148), la crisi e la ripresa dell’Unione delle Comunità nel 1938-39 (p. 215), l’approdo di ebrei all’antifascismo “in modo costruttivo e non semplicemente per reazione” (p. 224), i ritardi del governo Badoglio nella revoca delle leggi e nel trasferimento al sud degli ebrei (p. 229), la fase di avvio della politica antiebraica della Rsi (p. 245).
La ricerca illumina punti importanti quali la vita degli organismi dirigenti ebraici prima e dopo la legge del ’30; il peso della riforma Gentile nel negare la parità degli ebrei, con un grave “disconoscimento delle idee che avevano portato l’Italia alla testa delle nazioni europee” (p. 300), come dichiarava Angelo Sereni nella relazione al congresso del ’25 (pubblicata in Appendice con altri documenti di dirigenti comunitari e rabbini); “il diffuso – ma non precisato – senso di smarrimento” (p. 98) che comincia a serpeggiare tra gli ebrei italiani dal ’34, anche se essi “accettarono con difficoltà l’idea dell’approssimarsi della persecuzione” (p. 130). Ne esce definitivamente smantellata quella visione riduttiva dell’antisemitismo fascista, ancora diffusa, che ne sottovaluta il significato nazionale e che contribuisce al relativo spazio della questione ebraica nella storiografia contemporaneistica.

Anna Rossi-Doria