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Michele Sarfatti – La Shoah in Italia. La persecuzione degli ebrei sotto il fascismo – 2005

Michele Sarfatti
Torino, Einaudi, pp. 170, euro 8,50

Anno di pubblicazione: 2005

L’autore, che com’è noto ha dedicato numerosi lavori all’argomento della persecuzione antisemita in Italia, si cimenta qui in un lavoro di sintesi destinato innanzitutto ai giovani e alle scuole. Parte dall’analisi del significato del termine Shoah, affrontando il tema delle dimensioni e qualità inedite dell’ebreicidio rispetto ad altri genocidi, come quello degli armeni. Sottolinea che l’affermazione dell’unicità della Shoah a cui molti storici sono pervenuti, non è un ostacolo precostituito alla comparazione da un pregiudizio ideologico, bensì è figlia della comparazione stessa. L’ebreicidio, infatti, è stato un evento ?così sistematico, così totalitario, così tecnologicamente avanzato, così innovativo rispetto all’armenicidio? (p. 30). Spesso le critiche pur legittime all’affermazione dell’unicità della Shoah hanno un fine politico, quello di contestare il diritto degli ebrei a porsi ?al centro dell’attenzione pubblica? (p. 10).
Per quanto riguarda l’antisemitismo europeo, l’autore accoglie la tradizionale distinzione tra un antigiudaismo di carattere religioso e il ?nuovo razzismo? nato negli ultimi decenni dell’800 che aveva i due caratteri di essere figlio del positivismo scientifico, e quindi era ?biologico?, ed era imparentato col nazionalismo e con l’imperialismo (pregiudizio antinero). Si descrivono quindi i vari pregiudizi e stereotipi con cui crebbe l’antisemitismo novecentesco, come quello della ebraicità del bolscevismo o quello dell’esistenza di una congiura degli ebrei per dominare il mondo, alimentata da I protocolli dei savi di Sion. Della legislazione antisemita nazista si sottolinea soprattutto il carattere di novità rispetto alle normative discriminatorie precedenti: essa, rappresentando ?una svolta colossale nella storia europea? (p. 32), era volta a eliminare ogni presenza ebraica. L’impostazione biologica del razzismo fu pienamente accolta dall’Italia fascista (in questa parte si dà luogo al dibattito sul presunto carattere spirituale del razzismo in Italia), ma di questa vicenda l’autore, in linea con i più recenti studi, sottolinea l’autonomia della decisione di introdurre il razzismo da parte delle autorità italiane. Dopo l’avvento del nazismo, l’Italia fu l’unico paese ad adottare una legislazione antisemita prima dell’inizio della guerra; la persecuzione nazista contò come esempio, semmai, ma non vi fu alcuna imposizione di introdurre il razzismo in Italia. Anzi, la genesi del razzismo italiano dalla politica di discriminazione contro i neri e i meticci nelle colonie, voluta per rinsaldare uno spirito ?imperiale?, sta a dimostrare l’autonomia dell’azione italiana.
Fu il tradimento degli ebrei da parte del regime e della corona a causare la ?morte della patria?, quella patria, cioè che era nata con il Risorgimento, periodo d’oro dell’emancipazione degli ebrei. Si distinguono, infine, i due periodi della persecuzione di diritti e della persecuzione delle vite degli ebrei italiani, analizzando prima l’avvento del razzismo in un paese che contava su di una piccola comunità ebraica e non era di per sé antisemita, e, infine, le tragiche vicende che portarono parte degli ebrei italiani ai campi di sterminio.

Olindo De Napoli