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Monica Boni – L’erotico senatore. Vita e studi di Paolo Mantegazza – 2002

Monica Boni
Genova, Name, pp. 139, euro 15,00

Anno di pubblicazione: 2002

Nella recente storiografia culturale dell’Italia liberale, la figura di Paolo Mantegazza, antropologo, igienista e scrittore, è ancora poco frequentata, se non per specifici aspetti della sua opera. Dato assai sorprendente in considerazione del successo di un intellettuale che, con la sua divulgazione scientifica, fra il 1860 ed il 1880, sembrò fornire alla borghesia italiana strumenti educativi e medici per governare le proprie sorti. Alla popolarizzazione dei discorsi di genere e sulla sessualità 1854-1897, e a sfatare polemicamente la papiniana immagine caricaturale di lascivia, è dedicato l’Erotico senatore della medievista elvetica Monica Boni.
Il libro, un paradossale dossier processuale, si snoda in tre capitoli analitici, muovendo dall’utopico Anno 3000 (1897), l’estremo espediente letterario attraverso cui l’intellettuale, di fronte alle difficoltà personali e alla crisi di fine secolo, immaginò una nuova organizzazione politica universale che realizzasse la pace del sociale e il miglioramento igienico e morale degli individui. Dai sogni politici, nel secondo capitolo, l’autrice risale alla realtà delle battaglie mantegazziane, condotte per perseguire gli ideali dei ?diritti fondamentali? non garantiti dalle società ottocentesche (p. 45). Istituendo una diversità complementare fra uomini e donne, per Boni, Mantegazza fu inascoltato promotore di una modernizzazione politico-sociale e comportamentale e di una secolarizzazione igienico-morale nei rapporti di genere. Di conseguenza, nel terzo capitolo, Mantegazza e la sua divulgazione, edonista e moralista ad un tempo, sono inscritti nella tradizione risorgimentale dell’educazione delle classi medie e del filantropismo borghese rivolto alle classi popolari: differentemente dalla gran parte di tali correnti, però, non vi fu esclusione della sessualità dal nucleo discorsivo sull’individuo sociale.
Nell’assolvere Mantegazza dalle ?accuse? di sessualismo, l’autrice unisce alla personale (si spera) fascinazione intellettuale, una lettura coraggiosa del riformismo liberale. Tuttavia, concentrata com’è sulla trilogia dell’amore, la riabilitazione è limitata dalla carenza di solide basi contestuali e periodizzanti: ci si chiede se davvero si possa ?volutamente? tralasciare ?perché non pertinente? l’opera scientifica del più prestigioso antropologo italiano dell’epoca (p. 10). In altri termini, una lettura critica di un intellettuale, frainteso da chi lo ha posto tout court alle basi del razzismo italiano, deve necessariamente inserire la politicità dei saperi prodotti nelle scansioni dei dibattiti medici, scientifici e culturali dell’epoca, per coglierne l’effettiva posizione in networks intellettuali e professionali tesi a dare realizzazione pratica a quell’emancipazione liberale che appariva raggiunta solo astrattamente. Così è per Mantegazza, così sarebbe per Cesare Lombroso, Giuseppe Sergi eccetera. Forse, Boni si sarebbe accorta che i ?diritti fondamentali? non potevano contestualmente essere il nesso di gestione e miglioramento liberale delle ?diversità?, non ultima quella sessuale, che i discorsi scientifici del tardo positivismo avevano prodotto. Probabilmente, però, l’auspicata riabilitazione critica potrebbe venire solo da una complessiva, difficile, biografia intellettuale.

Emanuele D’Antonio