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Monica Sinatra – La Garbatella a Roma 1920-1940 – 2006

Monica Sinatra
Milano, FrancoAngeli, 159 pp., euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2006

Questo libro è il primo risultato di un programma di ricerca, diretto da Lidia Piccioni, sui quartieri e sui luoghi identitari della Roma novecentesca, con l’obiettivo di individuare e analizzare «le tante specificità territoriali» di una città in rapida espansione per gran parte del secolo. Il progetto, senza dubbio stimolante, prevede una serie di monografie dedicate a singole aree della capitale: dopo questa sulla Garbatella, ne sono già uscite altre due (Tor Pignattara e Borgata Gordiani) mentre altre tre risultano prossime alla pubblicazione (Pietralata, Piazza Bologna e Quartiere Delle Valli). Il lavoro di Monica Sinatra, che è una rielaborazione della sua tesi in Storia contemporanea all’Università di Roma «La Sapienza», esamina uno dei quartieri più conosciuti di Roma, da tempo oggetto di studio da parte di urbanisti e storici dell’architettura, ma mai analizzato approfonditamente dagli storici della città in una prospettiva d’indagine socio-culturale. Tre sono le questioni principali esaminate dall’autrice: la costruzione del paesaggio urbano, a cui sono dedicati i primi due capitoli, la formazione di una «comunità» locale, trattata nei successivi due, e il rapporto del quartiere con il fascismo, per molti aspetti il vero nucleo interpretativo della ricerca, ricostruito nella seconda metà del libro. Conclude il volume un breve capitolo sulla Garbatella nella seconda metà del Novecento e un’interessante raccolta di planimetrie e fotografie. Questo lavoro ha alcuni pregi evidenti. Soprattutto perché è uno dei pochi tentativi seri di scavo di una realtà di quartiere a Roma, in più di un quartiere come la Garbatella, tradizionalmente rappresentato come un luogo socialmente e culturalmente omogeneo, sotto la rassicurante etichetta di «quartiere operaio». Sinatra, viceversa, ne mostra la complessa costituzione e trasformazione riuscendo a far emergere, anche attraverso un uso intelligente di alcune fonti (come, per esempio, i registri parrocchiali), significativi caratteri quantitativi e qualitativi del tessuto sociale e culturale. Interessanti, inoltre, alcuni spunti di analisi sull’autorappresentazione del quartiere nel periodo repubblicano, in particolare a partire dagli anni Sessanta, quando la rivendicazione di un’identità antifascista sembra consolidarsi in un discorso pubblico largamente condiviso. Ma è proprio nell’esame dei processi di costruzione di un’identità collettiva negli anni tra le due guerre che, a mio giudizio, emergono anche alcuni limiti della ricerca. A volte, infatti, l’autrice sembra far propria l’autorappresentazione del quartiere modellata nel periodo postfascista, enfatizzando aspetti che potrebbero risultare circoscritti. Ovvero se, come sostiene Sinatra, «l’antifascismo alla Garbatella non sembra essersi manifestato se non in casi rarissimi» (p. 113), meriterebbe forse un’argomentazione più articolata la conclusione che «tuttavia l’identità antifascista era presente e manteneva una sua continuità» (p. 114).

Francesco Bartolini