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Nancy C. Carnevale – A New Language, A New World. Italian Immigrants in the United States, 1890-1945 – 2009

Nancy C. Carnevale
Urbana and Chicago, University of Illinois Press, 264 pp, $ 45,00

Anno di pubblicazione: 2009

Sono pochi gli studi occupatisi del rapporto fra comunità immigrate negli Usa e lingua d’origine. Ciò è dovuto soprattutto a una scarsa dimestichezza degli studiosi nordamericani con idiomi stranieri e alla tendenza a considerare gli immigrati sottoposti a un processo di assimilazione tramite l’apprendimento della lingua inglese. Basandosi su studi storici, antropologici, sociologici e sociolinguistici – oltre che su ricerche d’archivio – l’a. analizza il caso della comunità italo-americana.Due le direttrici. La prima mostra come la lingua degli immigrati sia fluida e difficilmente inquadrabile in schemi fissi. L’a. sostiene la necessità di articolare maggiormente il modello di Hansen, secondo cui la prima generazione userebbe la lingua di origine con rudimenti di inglese, la seconda sarebbe bilingue, mentre la terza recupererebbe la lingua di origine solo in una fase di costruzione di un’identità etnica simbolica. Si mostra pertanto come la lingua degli italo-americani sia più dinamica, vista la tendenza della prima generazione a utilizzare forme dialettali creolizzate caratterizzate da fusioni di italiano standard, dialetti, inglese e inglese italianizzato.L’altro tema forte del volume è il ruolo politico che la lingua ha avuto nella storia americana. Spesso l’imposizione dell’idioma inglese è stata considerata uno strumento di assimilazione e di omologazione culturale delle comunità immigrate, visto che la capacità di parlare inglese era ritenuta elemento di maggiore o minore americanizzazione, specialmente nel corso della prima guerra mondiale e degli anni ’20. La forza della lingua inglese in chiave anti-italiana è descritta nel capitolo in cui l’a. mette in evidenza come cattive traduzioni linguistiche in corti americane giocassero contro imputati italiani, alimentando pregiudizi nei loro confronti, come mostrato nel caso di Sacco e Vanzetti. Lingua e pregiudizio si legarono ancora nel corso del secondo conflitto mondiale, quando l’utilizzo della lingua italiana venne percepito dalle autorità americane come possibile strumento di sedizione filo-fascista. Paradossalmente, però, la capacità di parlare italiano si trasformò in americanismo nel momento in cui italo-americani di seconda generazione vennero reclutati come traduttori nel corso della campagna d’Italia. Nelle Little Italies l’italiano fu anche strumento di mediazione politico-culturale, dal momento che nel periodo fra le due guerre i leader etnici si adoperarono per promuovere la lingua fra le nuove generazioni immigrate come strumento di orgoglio etnico e di armonia inter-generazionale. In questo vi fu un connubio con il regime fascista intenzionato a diffondere l’italiano oltre oceano al fine di mantenere vivo nelle comunità il vincolo dell’italianità. Sebbene gli argomenti trattati dall’a. non siano del tutto inediti, Carnevale offre un interessante quadro d’insieme, mostrando come lingua di origine e di adozione influiscano sull’identità degli immigrati e sulle loro vite quotidiane.

Matteo Pretelli