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Nel latifondo. La violenta trasformazione del feudo Polizzello (1920- 1960)

Francesco Di Bartolo
con postfazione di Emanuele Macaluso, Catania, Villaggio Maori, 322 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2014

Il volume ripercorre la vicenda della gestione del feudo Polizzello – una delle più
grandi proprietà terriere siciliane, appartenente alla famiglia nobiliare dei Trabia – e della
sua trasformazione dal primo dopoguerra sino alla fine degli anni ’50.
Attorno alla complessa storia di questo fondo, posto nel cuore dell’entroterra siciliano
tra Mussomeli e Villalba, in provincia di Caltanissetta, ruotarono le «fortune» di Genco
Russo e di diverse famiglie mafiose del nisseno, ben inserite nella rete cooperativistica
locale, dimostratesi in grado di imbrigliare, nel tempo, l’azione di due enti di riforma
agraria, l’Opera nazionale combattenti (Onc) e l’Ente di riforma agraria siciliana (Eras),
volgendo a proprio favore le risorse finanziarie e progettuali dello Stato.
La mafia locale, collocandosi in funzione mediatrice nel network cooperativismo notabilato
politico, dopo un periodo di relativa battuta d’arresto dovuta alle inchieste giudiziarie
scaturite dall’azione di Mori, si sarebbe mobilitata nel secondo dopoguerra nel quadro dei
processi di democratizzazione della società, trovando una sponda nel partito di maggioranza
e dando vita a un solido blocco sociale interclassista in grado di gestire risorse pubbliche e
controllo del territorio. Emblematico è proprio il ruolo esercitato nella gestione del feudo
Polizzello, già a partire dal primo dopoguerra, quando attraverso le cooperative locali
aveva continuato a mantenere, in regime di monopolio, il controllo sui fitti delle terre dei
proprietari, evitando l’ingerenza dell’Onc, salvo poi, nel secondo dopoguerra, invocarne
l’intervento contro i tentativi della famiglia Trabia di vendere il feudo. Successivamente, la
ferma contrarietà al tentativo dell’Opera di disciplinare la procedura di assegnazione delle
quote e di chiedere il pagamento del canone per indennizzare i proprietari, unitamente al
favore manifestato nei confronti del passaggio della proprietà del feudo all’Eras, sanciva gli
ulteriori atti mediante i quali le famiglie mafiose del nisseno avrebbero mantenuto la conduzione
di illeciti profitti su quelle terre. Se un’azione di contrasto più efficace nei confronti del
condizionamento mafioso, posta in essere negli anni dell’esperimento dei governi Milazzo,
avrebbe portato allo scorporo del feudo a favore di nuovi assegnatari, in un clima segnato
da violenze e intimidazioni contro i funzionari dell’Eras, tuttavia l’ostacolo sarebbe stato
aggirato dalla mafia con il largo ricorso al meccanismo dei prestanome, attraverso il quale si
assicuravano il possesso delle terre migliori.
In questo volume, scaturito da un accurato lavoro di scavo archivistico, impreziosito
da una testimonianza di Emanuele Macaluso, Di Bartolo mette a frutto le sue solide
competenze in tema di intervento pubblico e ruolo dell’Onc nelle campagne siciliane, di
storia della mafia e di lotte sindacali, offrendo, attraverso il caso paradigmatico del feudo
Polizzello, molteplici chiavi di lettura per comprendere le cause della mancata modernizzazione
del latifondo siciliano.

Antonio Baglio