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Nelson Moe – The View from Vesuvius. Italian Culture and the Southern Question – 2002

Nelson Moe
Berkeley- Los Angeles-London, University of California Press, pp. XV-349, s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2002

In otto capitoli, di cui tre riprendono testi già pubblicati a partire dal 1992, Moe esamina un materiale che copre oltre 130 anni di storia, dal 1750 al 1885 per la precisione, di natura abbastanza eterogenea: da Casanova all’?Illustrazione italiana?; da Leopardi a Sonnino passando per Montesquieu, Stendhal e Gladstone. Attraverso una documentazione così vasta l’autore persegue un tema generalmente già frequentato: il Sud fuori del Sud si potrebbe dire, che forse il sottotitolo dell’opera rende, almeno per noi, in maniera incerta. Si tratta infatti, ovviamente, non solo della cultura italiana, e la questione meridionale è qui, per evidenti motivi, soltanto un aspetto di quello che chiameremmo più propriamente il tema del Mezzogiorno in senso lato, sia fisico che politico.
Metodologicamente il progetto è assai preciso. Richiamandosi per analogia al lavoro di Edward Said, Moe si propone di mostrare come il Sud, accanto all’Oriente, costituisca un’altra area liminale fra l’Europa e ?gli altri? nel processo identitario in corso fra ?700 e ?800. Si tratta dunque di un intervento generale nel campo della cultural theory, che allo stesso tempo è anche un intervento specifico in quello degli italian studies. Qui Moe si propone di allargare il lavoro di rinnovamento già compiuto da altri storici sul terreno economico-sociale a quello delle rappresentazioni culturali, ancora poco frequentato, ricorrendo ampiamente all’analisi testuale e quindi all’incrocio fra critica storica e letteraria.
L’analisi presentata nel volume è varia e spesso assai minuta, con un nucleo interpretativo che qui proveremo a sintetizzare parafrasando l’autore. Il consolidarsi progressivo di una civiltà borghese porta, sul piano identitario, a un crescente eurocentrismo occidentale. Questo a sua volta genera, per differenza, l’immagine del Sud liminale già richiamata. Elementi primari ne sono da una parte l’esotismo e il folklore, e dall’altra, come sovente accade, primitivismo e arretratezza insieme, con i rischi conseguenti. A simbolo di tutto ciò assurge dunque il vulcano, realtà affascinante e terribile insieme, che il solo Leopardi aveva decostruito.
L’analisi di Moe ha certo bisogno di approfondimenti. Nell’intero arco cronologico considerato si vuol mettere in rilievo la declinazione sul piano antropologico di un passaggio storico cruciale, ma in questa prospettiva il Sud in generale è immaginato in una dimensione che può essere solo larvatamente politica. La prospettiva europea e quella italiana hanno evidentemente ottiche ed ambiti diversi; il sud urbano e quello rurale, come i recenti studi hanno evidenziato più volte, sono realtà differenziate il cui riflesso immaginario non può essere uniforme. Ma soprattutto il compimento dello Stato nazionale opera un salto di qualità che andrebbe sottolineato con forza. E’ con questo infatti che nord e sud assumono un unico sistema di riferimento, che il tema diventa in prima istanza politico, che si pone legittimamente una questione meridionale. Non per caso la forza attrattiva di quest’ultima è andata scemando insieme alla forza e al prestigio dello Stato nazionale stesso, come le antenne degli storici hanno registrato in maniera più o meno consapevole, sicché non è paradossale, come a Moe sembra, che l’unificazione accentui le differenze.

Giuseppe Civile