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Nicola D’Elia – Delio Cantimori e la cultura politica tedesca (1927-1940) – 2007

Nicola D’Elia
Roma, Viella, 158 pp., Euro 18,00

Anno di pubblicazione: 2007

In un quadro storiografico segnato da divergenze anche assai marcate, l’a. sceglie la via della discussione puntuale, con i molti interlocutori presenti sul terreno, della riesposizione ordinata e documentata, e soprattutto dell’attenta periodizzazione, centrale quando ci si misura con tali itinerari intellettuali, e con tali questioni generali. Né l’apparato analitico ha una funzione edulcorante rispetto alle esplicite considerazioni di fondo: «la posizione di C. nei confronti del nazionalsocialismo subì dei significativi mutamenti nel corso degli anni Trenta. Fino al 1933 il suo punto di vista, al riguardo, era stato decisamente critico [?]. Non va trascurato il significato della svolta seguita al soggiorno di C. in Germania tra il 1933 e il 1934, durante il quale egli aveva potuto seguire da vicino il processo in corso della costruzione dello Stato totalitario [?] il fallimento delle prospettive del corporativismo in Italia fece entrare momentaneamente in crisi il suo rapporto con il fascismo. Ma, contrariamente a quanto comunemente si afferma, la sua fiducia nel regime mussoliniano non venne irrimediabilmente compromessa; anzi, essa fu rilanciata [?] proprio dall’alleanza con la Germania nazista nel segno di una ?nuova civiltà” che avrebbe travolto quella fondata sui valori borghesi» (pp. 117-118). Date simili scansioni, e tenendo conto delle implicazioni dell’agosto 1939, il rapporto con la tradizione marxiana, avviato all’inizio degli anni ’30, si sarebbe compiutamente ridefinito solo al termine del conflitto (p. 58); e l’a. si sofferma sul radicale antiliberalismo evidente nelle pagine di Cantimori sulla Germania della rivoluzione conservatrice, mentre «la cifra della modernità era data, in quella particolare congiuntura storica, dalla rivoluzione sociale che stavano realizzando i regimi totalitari di massa» (p. 28) – su questa base si spiega anche la freddezza storiografico-politica mostrata da Cantimori nei confronti della socialdemocrazia tedesca. E tuttavia la considerazione del Cantimori cronista culturale e storico sulla Germania – e sull’Italia – contemporanea non si sarebbe focalizzata solo sulla crisi postbellica. Da questo punto di vista è interessante la sottolineatura della prospettiva di lungo periodo tracciata nei contributi di Cantimori per il Dizionario di politica, nella quale l’esperienza nazista di governo veniva a chiudere, nella piena conseguita unità della Volksgemeinschaft, una vicenda di frammentazione politica e di disarticolazione sociale e nazionale, ponendosi quindi su un terreno diverso da quello della reazione politica (pp. 105-115). Ben illustrato, sulla base del carteggio, il rapporto – non privo di riserve – di Cantimori con Schmitt, ed il ruolo svolto da Cantimori come tramite, fra anni ’20 e ’30, della cultura della Germania «giovane» in Italia; fra i due brevi testi riportati in appendice, la voce Onore tratta dal Dizionario di politica offre qualche spunto utile a cogliere la percezione della specificità della tradizione giuridica e spirituale germanica.

Mauro Moretti