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Nunzio Dell’Erba – Socialismo e questione contadina in Romania (1821-1921) – 2006

Nunzio Dell’Erba
Milano, Unicopli, 121 pp., euro 10,00

Anno di pubblicazione: 2006

L’autore studia la storia romena da molti anni, pur dedicando prioritariamente la sua attività di ricerca ad altri ambiti scientifici, attinenti in genere il pensiero politico. Qui presenta un saggio di 90 pagine ? ispirato a un precedente scritto apparso in «Slavia» ? e un’appendice documentaria di circa 30. Vi si tratta il movimento socialista romeno in relazione alla questione agraria dalle timide origini proto-ottocentesche, alla formazione del Partito socialdemocratico dei lavoratori (1893-99), alla sua ricostituzione (1907, 1910), alla scissione del 1921. Da questa nacque il Partito socialista-comunista, poi semplicemente comunista, affiliato al Komintern, mentre le correnti socialiste moderate o riformiste (la destra e il centro del vecchio partito) formarono la Federazione dei partiti socialisti delle province che costituivano la Grande Romania sorta dalla prima guerra mondiale, quindi Partito socialista democratico. Fatte salve le opere di Bianca Valota dedicate alla questione contadina in Romania e alla lotta politica nel primo Novecento, il tema è stato obliato dalla storiografia italiana: al riguardo anni fa furono pubblicate in traduzione soltanto alcune raccolte documentarie e opere collettanee, che Dell’Erba bene utilizza, insieme con altri testi letti in lingua romena. Per alcuni aspetti generali riscontrabili nelle vicende dei movimenti socialisti di altri paesi, soprattutto del Sud-est europeo, la storia del socialismo romeno non è avulsa dal contesto continentale. Anche in esso tesi riformiste e radicali si confrontarono a lungo. Caratteristica è la scelta di un nucleo di militanti di entrare nel Partito liberale per attuare concretamente alcune riforme che il debolissimo Partito socialista non avrebbe mai potuto ottenere. Soprattutto fu grande l’attenzione dei socialisti romeni per la classe contadina e la questione agraria. Non poteva essere diversamente ? a costo di allontanarsi da Marx ? in un paese in cui la classe operaia era esigua e la gran maggioranza della popolazione viveva e lavorava in campagna. Da qui la profonda motivazione di un’opera come questa. L’autore parla talora (pp. 12-13, 69) di manifestazioni ascrivibili al movimento socialista o sindacale, avvenute in territori dell’Impero austro-ungarico, popolati in parte da romeni ed annessi allo Stato romeno dopo il 1918. Non è facile classificare quelle manifestazioni come appartenenti alla storia del socialismo romeno, sebbene in alcuni casi vi sia stato qualche tenue legame (p. 55) con altri fatti avvenuti nel Regno di Romania. Sembra severo il giudizio («ingannevole», p. 86) sulla riforma agraria attuata dopo la guerra mondiale. Se la condizione dei contadini continuò a essere pesante, per mancanza di credito agrario, di inventario agricolo e di servizi, è innegabile che ? per dirla con V. Georgescu ? le campagne romene furono caratterizzate da allora dalla schiacciante prevalenza della piccola proprietà, che purtroppo non era capace di produrre secondo le potenzialità e di «stare sul mercato». Ciò nulla toglie a uno studio che contribuisce in modo puntuale a fare conoscere al pubblico italiano un aspetto fondamentale della storia romena.

Francesco Guida