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Oltre il 1945. Violenza, conflitto sociale, ordine pubblico nel dopoguerra europeo

Enrico Acciai, Guido Panvini, Camilla Poesio, Toni Rovatti (a cura di)
Roma, Viella, 228 pp., € 32,00

Anno di pubblicazione: 2017

Il libro mette a tema il perdurare della violenza politica in Europa oltre la cesura della seconda guerra mondiale, offrendo molte suggestioni sia per lo studio della complessa transizione postbellica che per i decenni successivi, cui sono rispettivamente dedicate le due parti, Guerra e dopoguerra. Resistenza, violenza e giustizia e Oltre il dopoguerra. A risvegliare l’interesse per il lungo strascico lasciato dal secondo conflitto mondiale – che non esclude i contesti democratici – è stata la fine della guerra fredda, che ha scompaginato la fissità delle categorie di vincitori e vinti, oltre all’esplodere di nuove guerre negli anni ’90 e del terrorismo islamico.
Pur tenendo conto della varietà dei contesti offerta dall’Europa postbellica, il libro privilegia il caso italiano, per molti versi emblematico, affrontando in vari saggi questioni diverse, dalla smobilitazione dei partigiani alla giustizia dei vincitori, dal desiderio di vendetta all’epurazione, dal rimpatrio degli ebrei alla gestione dell’ordine pubblico. Il suo maggior merito è quello di recuperare una storia rimasta finora separata, addentrandosi in un territorio ingombro di tabù tenaci, anche a causa del fisiologico imperativo di dimenticare. In un contesto anomico di assuefazione alla morte e alla violenza, com’è quello postbellico, il bisogno stringente di declinare una nuova concezione di giustizia rende molto labile il confine tra legalità e illegalità, mentre riemerge tutto il peso delle situazioni reali, con motivazioni, attori e questioni proprie. Per questo le sole categorie politiche, a partire da quelle di fascismo e antifascismo, risultano secondo gli aa. inadeguate a restituire questa complessità, se non si combinano ad altri schemi analitici, come quelli offerti per esempio dalla storia delle emozioni.
Negli anni successivi al 1948 l’eredità della seconda guerra mondiale appare un fiume carsico, carico di memorie, che si inabissano e riemergono a seconda dei contesti e delle contingenze. Vi interagiscono le tensioni sia della guerra fredda sia della decolonizzazione, la cui potente carica eversiva – che in realtà si riversa anche sull’Europa – appare nel complesso sottovalutata. Ma non è un caso che l’Italia repubblicana manifesti subito la tendenza a ridurre in termini politici qualsiasi tipo di conflittualità sociale, confermando il peso del passato e la sua capacità, in condizioni particolari, di riattivarsi. Del resto i cosiddetti anni di piombo dell’Italia, e in misura minore della Germania Ovest, sono stati considerati anche la riprova di una predisposizione alla violenza radicale delle democrazie postfasciste.
In questo senso il libro non intende certo mettere in discussione la cesura del 1945, ma ridimensionare la sua univocità; e più in generale ci ricorda che, al di là della forma macroscopica assunta nei conflitti mondiali, la violenza politica è una realtà presente, con modalità diverse e tutte da studiare, non solo nel primo ma anche nel secondo dopoguerra.

Monica Galfré