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Ornella De Rosa – Gioco e lavoro. Mercato e produzione di carte e fiches tra Otto e Novecento – 2001

Ornella De Rosa
Prefazione di Giuseppe Imbucci, Venezia, Marsilio, pp. 94, euro 10,33

Anno di pubblicazione: 2001

Il volumetto inaugura una nuova collana di studi sul gioco (?La dea bendata?), diretta da Giuseppe Imbucci, che la presenta in un’agile Prefazione (pp. 7-11). In esso sono riuniti tre brevi saggi che affrontano tre distinti aspetti della storia ? per la stessa autrice ancora tutta da scrivere ? ?delle relazioni tra gioco-società-lavoro? (p. 15).
Nel primo, che funge da introduzione, De Rosa insiste, sulla scorta di una bibliografia specialistica ormai piuttosto consistente, sull’ambiguo rapporto con lo Stato che ha segnato nel corso dei secoli la storia del gioco, sempre oscillante tra divieto e concessione, tra l’esigenza di salvaguardare l’etica sociale e quella di incrementare l’utile fiscale. Nei due successivi capitoli è presentato il profilo di due fabbriche di articoli legati al gioco: la Modiano di Trieste che dal 1873 produce mazzi di carte e la Abbiati di Torino che dall’inizio degli anni ’80 del Novecento produce forniture per case da gioco. Due casi molto diversi per cronologia, collocazione geografica e specializzazione merceologica, che, infatti, l’autrice espone senza stabilire alcun collegamento, se non per ribadire la specificità dell’uno e dell’altro.
Non si può certo dire che le due vicende, la cui ricostruzione dovrebbe costituire l’ossatura del volume, siano trattate in modo esauriente. Per la Modiano la fonte principale consiste nell’archivio dell’azienda, di cui resta solo la documentazione successiva al 1944, e che anche per quel periodo non sembra conservare materiali di grande interesse, al di là dei ?libri delle commesse? attraverso i quali De Rosa ha ricostruito l’andamento della produzione dal 1953 al 1988. Per il periodo precedente, invece, null’altro che poche notizie sulla famiglia, che sarebbero state certamente valorizzate se poste in relazione con quanto sappiamo, dai risultati di molte ricerche più o meno recenti, sulla borghesia imprenditoriale di Trieste e in particolare sulla presenza ebraica nella città. Ancora più scarno è il terzo capitolo dedicato alla Abbiati, del cui titolare l’autrice tratteggia un profilo, costruito nel solco dell’agiografia borghese, che non sfigurerebbe in appendice a un capitolo del Self-help di Smiles. Si tratta di un caso di made in Italy, coronato da successo grazie alla combinazione vincente tra alta tecnologia e artigianato artistico. Un caso, però, che non mi sembra così inimmaginabile in un contesto diverso da quello dell’hinterland torinese come sostiene De Rosa (p. 72), in quanto lei stessa mette in rilievo caratteri piuttosto diffusi fra le aziende di molte aree di più recente sviluppo industriale.
Le buone intenzioni enunciate dal prefatore e dalla stessa autrice restano così tali, e rinviano a più solide ricerche sul tema, sia sul versante più esplorato del rapporto tra gioco e istituzioni, sia su quello delle ricadute sociali ed economiche del dilatarsi del tempo libero nella società postindustriale.

Alfio Signorelli