Cerca

Paolo Bernardini, Gadi Luzzatto Voghera, Piergabriele Mancuso (a cura di) – Gli ebrei e la Destra. Nazione, Stato, identità, famiglia – 2007

Paolo Bernardini, Gadi Luzzatto Voghera, Piergabriele Mancuso (a cura di)
Roma, Aracne, 379 pp., Euro 20,00

Anno di pubblicazione: 2007

Il volume raccoglie gli atti di un convegno interessante la cui debole ricezione nella comunità scientifica è da imputare, forse, alla cifra politica che ne ha segnato la gestazione. L’incontro, svoltosi a Padova nel febbraio del 2005 e organizzato dal Center for Italian and European Studies della Boston University, è maturato in un clima segnato da eventi che hanno complicato, sul piano politico-identitario, la vita dell’ebraismo italiano. La svolta filoisraeliana della destra italiana (rappresentata da Alleanza Nazionale) ha prodotto – come scrive Gadi Luzzatto Voghera nelle pagine introduttive del volume «una frattura e una messa in discussione del tradizionale ?fronte antifascista” per aprire un capitolo nuovo nella stessa percezione di sé del mondo ebraico» (p. 9). Partendo da questa consapevolezza gli ideatori del convegno e i curatori del volume hanno scelto di analizzare i rapporti tra i vertici colti dell’ebraismo italiano e la cultura politica di destra – dal patrottismo risorgimentale al nazionalismo (C. Ferrara degli Uberti, L. Ventura), dal fascismo al revisionismo sionista (I. Pavan, V. Pinto, A. Castronuovo, S. Dazzetti), dal neofascismo del secondo dopoguerra alle correnti neoconservatrici degli ultimi decenni (F. Cassata, G. Gomel, D. Calef) – collocandone lo sviluppo e le trasformazioni in una prospettiva di lungo periodo che investe retrospettivamente i fondamenti stessi dell’unità nazionale e le modalità del processo integrativo (Ferrara degli Uberti, S. Levis Sullam) proiettandosi, oltre la fine del fascismo, sulle modalità di ricomposizione (ideologiche ed istituzionali) dell’ebraismo italiano nel secondo dopoguerra (G. Schwarz). Al di là dei suoi fini dichiarati il volume affronta, da una prospettiva inedita e stimolante, la dialettica tra identità e integrazione sottraendo gli ebrei all’eterno ruolo di «vittime» e riaffermando l’insopprimibile autonomia (e creatività) della storia ebraica. Alcuni autori hanno elaborato saggi particolarmente convincenti e innovativi: Ferrara degli Uberti, la quale applica il «modello» culturalista di palese derivazione bantiana allo studio dei rapporti tra ebrei e nazione nell’Italia liberale, Levis Sullam che analizzando la biografia di A. Momigliano affronta il delicato nodo del modellarsi di un’identità culturale ebraico-italiana, Pavan e Ventura che indagano il tema «scabroso» e complesso dell’adesione degli ebrei al fascismo, Schwarz e Calef che analizzano i percorsi identitari dell’ebraismo italiano ed internazionale dopo la Shoah. Tuttavia, visto che in discussione sono le varie declinazioni dell’identità ebraica moderna nel contesto culturale italiano, non viene adeguatamente sviluppata la riflessione sull’intreccio tra identità politico-culturale e appartenenza di classe. Non va dimenticato che gli ebrei italiani erano in maggioranza borghesi e come tali agivano anche politicamente. Stona infine la pur brillante postfazione di Paolo Bernardini che descrive, ignorando volutamente le più recenti evidenze documentarie, l’ebraismo emancipato come un ebraismo debole e tanto vulnerabile all’assimilazione da mostrare tentazioni suicidarie.

Barbara Armani