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Paolo Ferrari, Alessandro Massignani (a cura di) – Conoscere il nemico. Apparati di intelligence e modelli culturali nella storia contemporanea – 2010

Paolo Ferrari, Alessandro Massignani (a cura di)
premessa di Oscar Luigi Scalfaro, Milano, FrancoAngeli, 528 pp., € 45,00

Anno di pubblicazione: 2010

Il volume curato da Ferrari e Massignani, trae origine dall’omonimo convegno organizzato dall’Istituto lombardo di storia contemporanea e dalle Raccolte storiche del Comune di Milano (2-4 aprile 2003). Tradizionalmente, la nostra storiografia relega gli studi sull’intelligence ad un settore della storia militare. Al contrario, questo è uno dei nodi centrali della storia politica del ‘900, che esige una ben maggiore riflessione. Anche per questo, quel convegno fu un evento rimarchevole e per la scelta del tema, e per l’approccio metodologico, che va oltre il profilo militare e collega lo sviluppo dell’intelligence all’evoluzione dei modelli culturali, intrecciando la riflessione sugli aspetti internazionali con quelli nazionali. Non essendo possibile descrivere i contenuti di ogni comunicazione, ci limitiamo a segnalare la relazione di Jürgen Förster sull’arretratezza della cultura antropologica del Terzo Reich nella scarsa conoscenza del nemico, alla vigilia dell’attacco alla Russia, che è uno degli snodi centrali della seconda guerra mondiale. Notevole il contributo di Massignani sui rapporti fra Sim e Stato maggiore alla vigilia di Caporetto, che documenta la scarsa attenzione prestata dallo Stato maggiore (e da Cadorna in particolare) a questo aspetto strategico della guerra moderna. Sostanzioso il contributo di Ferrari sull’azione di Silone in Svizzera negli anni della guerra, in particolare in riferimento alla riorganizzazione del Partito socialista, che, peraltro, si integra con quanto Canali e Biocca sono venuti scrivendo nel quindicennio scorso lumeggiando la complessa e contraddittoria figura dello scrittore.Utilissimo il quadro riassuntivo curato da Alessandro Gionfrida sui fondi dei servizi militari presso l’Ufficio storico dello Stato maggiore dell’esercito, aumentato dall’arrivo delle carte del Sim dal 1939 al 1949, grazie alla decisione del governo D’Alema (1999) di inviare all’Usme i fondi delle «cessate strutture». Sarebbe stato auspicabile, che la cessione fosse estesa anche al periodo Sifar (1949-1966) se non anche Sid (1966-1978), ma questo non è stato e neppure sembra che lo sarà prossimamente, come la legge del 2007 aveva lasciato sperare.Il testo è importante anche per un altro aspetto che merita di essere ripreso in sede di storia politica e cioè il ruolo ambivalente dello spionaggio: conoscere il nemico serve a valutarne il potenziale offensivo e difensivo, scrutarne le debolezze militari, ma anche politiche e sociali allo scopo di batterlo. Ma significa anche capirlo e, dunque, comprenderne le ragioni, scorgere i possibili punti di consonanza, coglierne gli eventuali segnali di intesa. Prenderlo in considerazione anche come possibile partner in un diverso contesto e con diversi schieramenti internazionali. Per ciò stesso l’intelligence è insieme atto ostile ma anche ponte verso la possibile composizione del conflitto. Il tratto è colto con finezza dal presidente Scalfaro nella sua prefazione, e balena sia nella relazione di Remy Porte sui negoziati di Mosca nell’agosto 1939 che in quella di Carlo Jean.

Aldo Giannuli