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Paolo Simoncelli (a cura di) – Carteggio Gentile-Donati (1920-1943) – 2002

Paolo Simoncelli (a cura di)
Firenze, Le Lettere, pp. 114, euro 18,50

Anno di pubblicazione: 2002

Nell’abbondante produzione del modenese Benvenuto Donati (1883-1950), filosofo del diritto e docente universitario, emergono presto un forte interesse erudito, un gusto spiccato per la ricostruzione bio-bibliografica, per la ricerca (e l’edizione) di testi inediti e rari. Donati è fra i primi e più cospicui esponenti della Vico-Renaissance promossa da Croce dopo il 1910, ma è in Gentile che individua il suo vero interlocutore: nel 1934, quando il direttore della ?Critica? gli offre di portare a termine le edizioni vichiane negli Scrittori d’Italia di Laterza, preferisce disimpegnarsi e puntare, invece, sull’operazione editoriale cui pensa da anni, la raccolta in volume della maggior parte dei suoi saggi, negli Studi filosofici di Le Monnier diretti da Gentile. Saranno i Nuovi studi sulla filosofia civile di G.B. Vico pubblicati nel 1936, fra i più ricchi contributi vichiani fra le due guerre. La scelta ?gentiliana? proviene anche da una consonanza politica: di famiglia israelita, Donati è un tipico esponente di quel patriottismo ebraico che confluirà senza troppe difficoltà nel fascismo. Come non pochi giuristi della sua generazione, appassionatisi in gioventù per il ?socialismo giuridico? e sensibili a una concezione sozial del diritto, è molto attento all’elaborazione del diritto corporativo (di cui fu docente a Modena). Tutti questi momenti del suo percorso scientifico e politico emergono ora in questo carteggio e soprattutto nella precisa Introduzione di Simoncelli, che insiste sul periodo successivo alle leggi razziali del 1938, quando Donati dovette lasciare la cattedra, senza tuttavia interrompere del tutto l’ attività scientifica (come ex-combattente, non era sottoposto a una totale discriminazione). In due occasioni (la pubblicazione di un saggio rosminiano nel 1941 e l’edizione di inediti muratoriani nel 1943), Gentile si adoperò con successo affinché il Minculpop permettesse la stampa e una circolazione limitata dei volumi firmati da Donati. L’episodio in parte già noto conferma la linea del filosofo: considerare la legislazione razziale come una situazione di fatto a cui non era realistico opporsi esplicitamente, ma aiutare, per quanto possibile, amici, colleghi, allievi in vario modo discriminati. Donati non avverte in questo comportamento alcunché che possa incidere negativamente sulla sua devota amicizia: gentiliano è anche l’ultimo autore con cui si confronta, Rosmini, di cui studia la giovanile collaborazione alle modenesi ?Memorie di religione? nella Restaurazione. A rileggere quelle pagine (ripubblicate in Rosmini e Gioia, Firenze, Sansoni, 1949), si avverte un atteggiamento simpatetico verso il prete roveretano, un sentimento ? si direbbe ? ?cattolicizzante?, che non deve essere sfuggito agli altissimi prelati che si congratularono con lui per le sue ricerche muratoriane e allo stesso pontefice, che gli fece partecipare la sua Benedizione Apostolica (pp. 33-34). Un problema: Donati si era convertito?

Roberto Pertici