Cerca

Patrizia Gabrielli – “Il club delle virtuose”. Udi e Cif nelle Marche dall’antifascismo alla guerra fredda – 2000

Patrizia Gabrielli
Il lavoro editoriale, Ancona

Anno di pubblicazione: 2000

Il volume ricostruisce ed analizza le origini dell’Unione Donne Italiane e del Comitato Italiano Femminile nelle Marche tra la guerra e la Resistenza. È un contributo ad un filone di studi ormai consolidato, la storia delle donne, al quale a buon diritto appartiene l’autrice, che si è formata e lavora attivamente nell’ambito della Società italiana delle storiche, e che ha pubblicato altri volumi sul tema – fra cui nel 1999 Fenicotteri in volo. Donne comuniste nel ventennio fascista, recensito su questo annale – e dedica il volume ad Annarita Buttafuoco, sua “maestra e amica”.
Il testo si avvale di una pregevole ricerca condotta sia attraverso gli archivi locali delle due associazioni, che in realtà risultano abbastanza scarni, sia nei più ricchi archivi nazionali, fornendoci così un ampio panorama della realtà locale in trasformazione. Il periodo, infatti, è denso di cambiamenti istituzionali. Le Marche non sono estranee al mutamento, anche se ancora completamente legate ad un modello di società agricolo. Così le donne di casa, le contadine, le mezzadre e le insegnanti sono chiamate dalle associazioni comunista e cattolica, ad uscire di casa e a divenire protagoniste del mutamento.
Il volume, ripercorrendo l’ultima fase del ventennio fascista, parte dalle prime esperienze di aggregazione politica con i Gruppi di difesa delle donne che nascono nelle Marche nella primavera del 1944. Successivamente vengono ripercorse le fasi iniziali dell’Udi e del Cif che tra il 1944 e il ’45 si diffondono in tutta la regione. L’autrice si occupa poi della propaganda e dell’attivismo elettorale che risulteranno decisivi nella costruzione della nuova cittadinanza femminile repubblicana. Infine si dedica alla definizione delle due identità contrapposte così come emergono dai progetti e dai modelli di comportamento delle due associazioni.
Nel complesso l’opera, che pure offre una ricchissima ricostruzione dei fatti sostenuta da una altrettanto ricca raccolta di documenti originali, è meno lucida nella sintesi conclusiva dedicata a tratteggiare le due identità. Infatti, se il modello femminile cattolico appare abbastanza chiaro, quello delle donne comuniste lo è meno. Né sembra sufficientemente evidenziata la specificità della situazione marchigiana, che se pure partiva da una condizione di estrema “arretratezza” (p. 11), assurgerà poi, nel successivo periodo della grande trasformazione, a modello di industrializzazione diffusa della terza Italia. In qualche modo i germi di questa esplosione dovevano essere già presenti. Questa “peculiarità locale di cui si trova espressione nella realizzazione delle future linee di sviluppo economico” – e nella quale si evidenzia una “tradizionale capacità delle donne marchigiane di assolvere a ruoli diversi” (p. 15) – è indicata da Gabrielli come sua futura linea di ricerca; un completamento senz’altro auspicabile di questo pregevole studio.

Cecilia Dau Novelli