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perazione spose di guerra. Storie d’amore e di emigrazione

Silvia Cassamagnaghi
Milano, Feltrinelli, 330 pp., € 24,00

Anno di pubblicazione:

Con circa 10.000 matrimoni di guerra con i soldati statunitensi, l’Italia si pose al terzo posto, dopo la Gran Bretagna e la Germania e prima della Francia, per l’entità del fenomeno e ciò sollevò molte questioni che l’a. tratta con ottima scrittura e abbondanza di fonti (archivi statunitensi, cinematografia coeva, stampa popolare, memorialistica e interviste). La «fraternizzazione» dei soldati Usa con le donne italiane, infatti, poneva agli Usa vari problemi politici, sanitari, «morali» e sociali: la questione politica dei rapporti da stringere con un paese sconfitto ma anche cobelligerante, il rischio che le relazioni sentimentali distogliessero i combattenti dai doveri militari, il rischio delle malattie veneree, il pericolo che matrimoni con donne di incerta moralità screditassero l’esercito, l’ostilità dell’opinione pubblica americana (delle zitelle e delle aspiranti spose soprattutto) a tanta intimità con l’ex nemico, il pericolo che alla lunga le grandi differenze culturali tra i coniugi lasciassero, una volta giunte oltreoceano, un numero elevato di straniere divorziate a carico dell’assistenza sociale. L’a. indaga a fondo aspetti intimi e soggettivi della vicenda: dall’innamoramento sincero all’avventura passionale con quei giovanotti che, carichi di gloria, sani, sorridenti e spendaccioni, tanto stridevano con le condizioni dei maschi italiani di quegli anni; dall’intreccio di matrimoni e fidanzamenti con la prostituzione di massa suscitata dalla presenza alleata (non poche ragazze «di vita» tentavano, sposando un soldato Usa, di rifarsi oltreoceano quel futuro «normale» che il proprio passato precludeva loro in Italia), alla questione del pregiudizio degli italiani verso le relazioni con i soldati di colore e verso gli sfortunati bimbi mulatti che ne derivarono. Infine, sono trattati i trasferimenti e la vita delle spose di guerra giunte oltreoceano. Le premure delle crocerossine americane nei confronti delle spose di guerra in viaggio verso l’America erano considerate della massima importanza per l’assimilazione di quelle future cittadine americane.
Una maggiore ricostruzione del punto di vista delle autorità italiane e, soprattutto, una maggiore illustrazione del ruolo che le spose di guerra hanno avuto nell’ultima stagione dell’emigrazione di massa italiana, avrebbero ulteriormente giovato al libro. La prudenza dell’esercito americano nel permettere i matrimoni non si iscriveva anche nella coeva natura restrittiva della politica immigratoria statunitense? E quale era il punto di vista dell’Immigration and Naturalization Service? I corsi di american way of life impartiti alle spose di guerra non intendevano forse ricondurre quelle relazioni sentimentali tanto eccezionali alle consuete pratiche di assimilazione degli immigrati? In che misura i matrimoni di guerra erano anche un espediente per emigrare oltreoceano in barba alla limitatissima quota annua d’entrata riservata agli italiani? I molti fallimenti matrimoniali illustrati magistralmente dall’autrice non erano anche la conseguenza di relazioni intraprese a volte più per ottenere un visto di soggiorno permanente oltreoceano, che per amore sincero?

Sandro Rinauro