Cerca

Perry Willson (a cura di) – Gender, Family and Sexuality. The Private Sphere in Italy, 1860-1945 – 2004

Perry Willson (a cura di)
Basingstoke, Palgrave Macmillan, pp. 198, £ 45,00

Anno di pubblicazione: 2004

Sono qui raccolti dieci saggi, introdotti dalla curatrice, scelti tra gli interventi presentati all’omonimo convegno tenuto nel novembre 2002 nel londinese Istituto italiano di cultura e occasione di confronto tra due generazioni di studiosi, italiani e no.
La premessa richiama un’asimmetria della tradizione storiografica, secondo cui la produzione britannica di storia delle donne italiane avrebbe finora esplorato soprattutto la sfera pubblica, mentre la nostra avrebbe privilegiato il privato. Quanto basta per collocare quindi questo progetto in una posizione intermedia e affrontare temi quali famiglia, rapporti personali, riproduzione, parentela, sessualità, nelle loro interazioni col pubblico. L’arco cronologico prescelto sottende una rilettura del modo in cui la classe politica, prima liberale e poi fascista, avrebbe ridisegnato questi confini e, per converso, la misura in cui sarebbero stati recepiti.
Si comincia con un processo per adulterio nella Roma di fine ‘800 (Domenico Rizzo). La scissione postunitaria tra giustizia penale e giustizia civile coglie in contropiede l’imputata, che si vede ora respinta l’attenuante delle colpe maritali. Di uomini parlano anche Michael R. Ebner, a proposito della persecuzione degli omosessuali durante il fascismo, accreditata, a suo avviso, e resa più agevole dalla perfetta sintonia con i pregiudizi e l’avversione corrente. E, in certa misura, le pratiche ereditarie di un’élite ebraica fiorentina (Barbara Armani), accordate alla supremazia maschile di età liberale e rese in tal modo più rigide rispetto alle usanze del ghetto.
Quanto poi la soggezione alla Chiesa dello Stato italiano non cessi di arrovellare gli osservatori esterni, lo prova la ricerca sul conflitto per matrimonio e divorzio tra il 1860 e il 1914, in coda alla quale Mark Seymour può sostenere che la sconfitta della proposta protonovecentesca di una legge sul divorzio avrebbe compromesso per sempre questi rapporti.
Ma al centro del proscenio ritroviamo piuttosto le donne. Ne indaga l’atteggiamento verso i figli illegittimi affidati a fine ‘800 al brefotrofio Anna Maria Tapaninen, intenta a smontare tanto gli stereotipi negativi (l’abbandono, l’indifferenza), quanto i positivi (la naturalità dell’amore materno); Mary Gibson riesuma il repertorio lombrosiano della devianza femminile e l’obiettività scientifica che ammanta l’inferiorità delle donne e sottrae al femminismo dell’epoca l’auspicata alleanza con la scienza; Alessandra Gissi disvela la sordità alla politica demografica fascista, malgrado la dichiarazione di guerra alle cosiddette ?mammane?, disponibili da sempre alle pratiche abortive, e la trasformazione delle levatrici in un ordine professionale subordinato ai medici e alle direttive del regime. Ancor più intrusive, ma tutt’altro che inedite, le prescrizioni fasciste sulla vita privata della società coloniale (Giulia Barrera). Se è vero che la conquista mussoliniana dell’Etiopia ha significato un giro di vite anche ai danni degli italo-eritrei, la svolta non ha riguardato il che cosa, ma il come.
A Bruno P.F. Wanrooij, infine, il compito di tracciare una breve storia italiana della sessualità e della parallela storiografia.

Andreina De Clementi