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Philip Cooke – Luglio 1960: Tambroni e la repressione fallita, Presentazione di Luciano Canfora – 2000

Philip Cooke
Teti, Milano

Anno di pubblicazione: 2000

Philip Cooke insegna presso il dipartimento d’italianistica dell’università di Strathclyde (Glasgow) e ha pubblicato due studi di “ambientazione” resistenziale: The Italian Resistance: an Anthology, Manchester University Press, 1997 e Fenoglio’s binoculars, Johnny’s eyes: history, language and narrative technique in Fenoglio’s Il partigiano Johnny, Bern, Peter Lang, 2000. Sulla scia di questi titoli, conduce da alcuni anni una ricerca sulla memoria della Resistenza italiana in epoca repubblicana, di cui il testo sul “luglio ’60” costituisce una sorta di assaggio nell’attesa di dare alle stampe i risultati di un lavoro più ambizioso. L’incontro con la casa editrice Teti, tra le più sensibili ai temi del movimento operaio e sindacale, completa infine la genealogia del libro, che, per la ricchezza di documenti eterogenei disseminati ovunque, sembra collocarsi a metà strada tra due generi: il tradizionale saggio storico non privo di materiali d’archivio originali (Archivio Centrale di Stato, fonti orali) e un commentario approfondito ad una raccolta antologica di brani e documenti vari. Questa contaminazione forse nuoce leggermente alla leggibilità delle 217 pagine che scorrono all’interno di tre sezioni ordinate dall’autore: La politica in Italia verso la fine degli anni ’50 (prima parte), I moti di piazza e la repressione (seconda parte), L’eredità (terza parte). Chiude l’ultima sezione un cenno agli strascichi giudiziari con la pubblicazione dell’arringa del senatore Terracini, difensore degli imputati genovesi al processo di Roma del 1962. Questa parte, la più ricca di citazioni, nonostante riproduca quasi tutti documenti già editi, ha il pregio di riportare alla luce discorsi e intellettuali (ad esempio Raniero Panzieri, Franco Fortini) spesso trascurati senza ragione e di riproporli all’attenzione non solo degli storici, ma anche di un pubblico più vasto di potenziali fruitori del testo.
Nel complesso, il libro di Cooke adotta costantemente un registro “politico” nella misura in cui privilegia l’assetto istituzionale, i rapporti tra i principali partiti e alcune dinamiche interne, l’azione di governo. Resta in ombra il ruolo nazionale e locale del sindacato, il processo di modernizzazione, l’irruzione del sistema della produzione e dei consumi di massa, l’emersione di una “geografia mentale” inedita nei giovani delle “magliette a strisce”. Se il piano prescelto dall’autore appare ineludibile per la portata periodizzante che i “fatti di luglio” detengono sotto il profilo delle alleanze parlamentari e l’affermazione del centro-sinistra, non meno cruciale si mostrano gli altri aspetti. Ed è proprio in questa prospettiva che si chiarirebbe meglio la declinazione dell’antifascismo scaturita in tale frangente. Un antifascismo che si modella sui nuovi bisogni e desideri generati dalla modernizzazione.

Andrea Rapini