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Philip Morgan – Fascism in Europe 1919-1945 – 2003

Philip Morgan
London-New York, Routledge, pp. XXI-316, s.i.p.

Anno di pubblicazione: 2003

Morgan si cimenta in un’opera ambiziosa che tenta di condensare l’intera esperienza del fascismo europeo ponendosi in concorrenza, con questo testo universitario, con l’opera di S. Payne, A history of fascism 1914-1945 (1995), sinora tra i testi più adottati per corsi in lingua inglese. Il libro intende rispondere ad alcune questioni: come e se i mancati equilibri internazionali determinati dalla Conferenza di Versailles abbiamo permesso al fascismo di insediarsi in Europa; perché il fascismo ebbe successo in Italia e in Germania e non in altri paesi; si può parlare di un ?internazionalismo fascista?; si può continuare ad adottare ?totalitarismo? come il più appropriato termine per analizzare i regimi fascisti. Per rispondere, l’autore svolge il tema con un’efficace narrazione cronologica ed evita di isolare il caso italiano negli anni ’20 e di riportare agli anni ’30 il nazismo e i diversi regimi che si sviluppano sul modello italiano e tedesco. Morgan sceglie invece di parlare di due distinte fasi nell’espansione del fascismo europeo, analizzando gli sviluppi che portarono prima e dopo la Grande Crisi movimenti fascisti a emergere in alcuni paesi (Italia, Austria, Germania, Ungheria, Romania, Francia, Inghilterra) al di là dell’effettiva capacità di presa di potere, sino al 1939-40. I libri di R. Soucy sulla prima e seconda ondata del fascismo francese (prima e dopo il 1933) non rimangono dunque più isolati né anomali nella storiografia internazionale, bensì pienamente accettati come tasselli di una periodizzazione densa e complessa. Così impostato il lavoro rivede la tesi di una paternità francese del fascismo europeo e ripiega piuttosto sull’ipotesi di una gamma di voci e d’esperienze ?profasciste? che furono all’origine ideologica e culturale del fascismo, dalla fine dell’800 e dalla Grande Guerra; e sottolinea le scelte variegate e profondamente nazionali fatte dalle forze politiche fasciste in diversi paesi da una guerra all’altra. Stando al libro di Morgan, sembra che la storiografia anglosassone abbia oramai superato classificazioni schematiche, quali ?fascismo mediterraneo? o ?clericofascismo?. Dobbiamo solo rammaricarci che questo dibattito rimanga circoscritto alla letteratura in lingua inglese, che continua a produrre testi con ambizioni di sistematizzazione della ?questione fascismo? ? da quello di Bosworth del 1998 (sul fascismo italiano) a quello recentissimo di Paxton sul fascismo europeo in azione ? ma che solo in pochi casi si confronta con l’avanzamento di altre storiografie nazionali. È il difetto che rinfacciamo anche al libro di Morgan, che mostra scarsa propensione a confrontarsi con la storiografia italiana e tedesca (il libro di Acquarone del 1965 è il solo ricordato in bibliografia, mentre avrebbe dovuto aggiornarla almeno con E. Gentile, lo storico italiano che più ha contribuito negli ultimi anni al dibattito sul totalitarismo e che è stato il più tradotto all’estero). Al contrario, ricordiamo che pochi sono gli storici italiani che si cimentano oggi in saggi storiografici di ampio respiro comparato se dobbiamo ancora fare ricorso al saggio di Collotti, Fascismo fascismi, del 1989.

Patrizia Dogliani