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Pier Francesco Zarcone – La libertà e la terra. Gli anarchici nella Rivoluzione messicana – 2006

Pier Francesco Zarcone
Bolsena, Massari, 368 pp., euro 14,00

Anno di pubblicazione: 2006

Scritto con il piglio del militante più che dello storico, il libro di Zarcone descrive l’evoluzione del pensiero e dell’attività politica di Ricardo Flores Magón (1873-1922), l’iniziatore dell’anarchismo messicano. La fase più intensa e decisiva di tale evoluzione è costituita dal periodo compreso tra il 1900 e il 1908: in questi anni si compì il progressivo spostamento dal liberalismo al radicalismo e poi all’anarchismo, favorito in certa misura dalla repressione scatenata da Porfirio Díaz contro il nascente Partido Liberal Méxicano (PLM), che nel 1904 portò Flores Magón in esilio negli Stati Uniti, a contatto con anarchici spagnoli e nordamericani. Nel 1905 venne creata la Junta Organizadora del PLM, livello pubblico di un’organizzazione cui facevano capo gruppi combattenti clandestini, parte dei quali tra il 1906 e il 1908 si inserì con azioni militari nell’ondata di scioperi che interessò in particolare le aree più industrializzate del paese. La loro azione si rivelò fallimentare, sicché gli anarchici rimasero sostanzialmente estranei alle vicende della rivoluzione: l’unica azione fu costituita dal tentativo non riuscito di occupare la Bassa California per crearvi l’embrione di un territorio liberato. Dagli Stati Uniti (dove morì in carcere nel 1922) Flores Magón continuò comunque con tenace ottimismo a lanciare le parole d’ordine dell’anarchismo e ad esprimere le sue valutazioni sui capi della rivoluzione dalle pagine di «Regeneración», il settimanale che aveva fondato nel 1900 e che se pur saltuariamente, a causa delle costanti persecuzioni delle polizie messicana e nordamericana, venne pubblicato fino al 1919. Madero (che nel 1907 si era definitivamente distanziato dal PLM) era un «traditore della causa della libertà» (p. 188), mentre Huerta, Carranza, Villa non erano «la rivoluzione, ma semplici leader militari che cercano di soddisfare i propri desideri personali a spese del movimento popolare» (p. 276). Critico fu il giudizio espresso nei confronti delle scelte politiche della COM (Casa del Obrero Mundial), mentre una certa affinità di obbiettivi veniva ravvisata con Zapata (che aveva mutuato il motto anarchico «Tierra y Libertad»), cui però Flores Magón rimproverava la carenza di un progetto capace di mobilitare tutti gli sfruttati. La scelta di utilizzare solo fonti di matrice magoniana e il ricorso a una bibliografia in parte datata e in parte ideologicamente schierata conferiscono al libro un tono apologetico, che ne costituisce il limite più vistoso, e peraltro non consentono all’autore di cogliere e approfondire talune interessanti peculiarità del magonismo che alcuni studiosi, come François-Xavier Guerra (México: del Antiguo Régimen a la Revolución, México, FCE, 1988, 2 tomi), in tempi neanche troppo recenti hanno cominciato ad esplorare. Penso ad esempio all’intreccio tra modernità ed arcaismo di fondo, a differenze e continuità tra club liberali e cellule del PLM, alle caratteristiche sociali di molti militanti, che in parte ne spiegano la scarsa capacità di mobilitazione e il progressivo isolamento, ai caratteri dell’ambiente nordamericano in cui il magonismo di fatto si sviluppò.

Gabriella Chiaramonti