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Pier Giorgio Zunino (a cura di) – Università e accademie negli anni del fascismo e del nazismo – 2008

Pier Giorgio Zunino (a cura di)
Firenze, Olschki, XXVI-448 pp., euro 52,00

Anno di pubblicazione: 2008

Storici italiani e tedeschi per una serie di saggi sulle università e le istituzioni culturali in Italia e in Germania con l’obbiettivo di misurare il grado di coinvolgimento degli intellettuali con i rispettivi regimi totalitari. La raccolta segue il destino di buona parte degli atti dei convegni: interventi già scritti dagli stessi aa. e già letti. Zunino consegna agli atti del convegno lo stesso articolo, ma con diverso titolo e senza segnalazione della precedente pubblicazione, uscito nel 2006 per la «Rivista storica italiana». Accantonati vecchi schemi fuorvianti e giustificatori, come quelli della «zona grigia» o dell’«esilio interno», spesso riproposti negli studi su fascismo/nazismo e società, il curatore sposta l’attenzione su comportamenti conformistici o di adattamento che sembrano investire tutto il mondo intellettuale. Questi comportamenti vengono ovviamente declinati in maniera diversa nei singoli articoli: il percorso degli scienziati e del loro naturale approdo al fascismo ben rappresentato dallo spazio ridotto attribuito dal gruppo di via Panisperna alle questioni «attinenti alla dittatura imperante, al parlamentarismo perduto» alla democrazia smarrita (Zunino); il tentativo di Guerraggio di leggere alcuni atteggiamenti evidenti nel ventennio italiano (nazionalismo, conformismo, spirito gerarchico) come elementi tradizionali del costume e della cultura italiana. Analisi che si situano, evidentemente, in una prospettiva giustificativa ed escusatoria. Meno giustificatorio è l’intervento di Angelo D’Orsi, anche questo con poche novità rispetto ai suoi precedenti lavori, ma al contrario forse troppo incline a una sorta di indignazione civica che si estende dal ventennio alla più recente vita accademica. Si può dissentire, peraltro, di alcuni suoi giudizi liquidatori, come quello su Aldo Garosci e la modestia del suo contributo agli studi storici. La «discutibile cattedra universitaria» ottenuta da Garosci grazie all’azione di Franco Venturi e della lobby azionista rimanda al controverso Un dopoguerra storiografico di Eugenio Di Rienzo. Interessante dell’articolo di D’Orsi è, però, il tentativo di moltiplicare le forme di approdo al fascismo, i tanti modi di arrivare e di vivere e lavorare nel fascismo: l’afascismo di Bobbio stretto tra gli antifascisti e il mondo ufficiale fascista; l’adesione «un po’ ingenua a taluni dei miti del fascismo» di Luigi Firpo. Assai interessante il saggio di Marina Cattaruzza e il suo tentativo di mettere in una prospettiva cronologica più ampia lo spostamento di una vasta area di intellettuali verso un approdo al nazismo e la attività agglutinante esercitata da alcune istituzioni di diretta filiazione del sistema nazista. Di tutti i saggi qui non è possibile dire, la cifra comune sembra essere però la debolezza di individuare la gerarchia delle «fedeltà», a cui fa riferimento Mastrogregori, che muove le scelte individuali, ma al tempo stesso la descrizione convincente di un mondo intellettuale, tanto in Germania che in Italia, incapace di leggere il contesto, la natura, le varie derive a cui erano aperti i regimi totalitari.

Giovanni Montroni