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Piergiovanni Genovesi – Il manuale di storia in Italia. Dal fascismo alla Repubblica – 2009

Piergiovanni Genovesi
Milano, FrancoAngeli, 159 pp., Euro 19,00

Anno di pubblicazione: 2009

Se l’agile volume di Genovesi si dedica soprattutto a ripercorrere le modalità e gli argomenti che conducono all’introduzione della «storia unica» di Stato nel 1931, la questione di fondo cui intende offrire elementi d’analisi e riflessione concerne la natura stessa e la funzione del manuale di storia. Deve assolvere il compito di educare a determinati valori i giovani, deve piuttosto elaborare un racconto improntato alla continuità della storia nazionale, o deve accumulare informazioni tali da restituire la «verità» dei processi storici? In fondo, suggerisce l’a., le polemiche che periodicamente si riaccendono intorno ai contenuti dei manuali si basano sull’idea che l’unico modo efficace di opporsi alla storia-propaganda sia quello di ricorrere alla storia-scienza: l’oggettività contro la parzialità, la verità storica contro la faziosità politica. Una polarizzazione – scrive Genovesi nella presentazione – che è «alla base di una profonda distorsione storiografica. Lungi infatti dal costituire un antidoto per la storia-propaganda, il mito della storia oggettiva ne costituisce uno dei più solidi piedistalli» (p. 7).Dopo un primo capitolo in cui si offrono alcuni elementi di contestualizzazione e di riflessione generale circa le funzioni assegnate al manuale, i rimanenti quattro ricostruiscono cronologicamente, dall’immediato prefascismo agli anni ’50, le vicende dei libri di testo. Il percorso si snoda attraverso l’analisi di quattro campioni ritenuti paradigmatici (i volumi di Arrigo Solmi per il primo dopoguerra, di Alfonso Gallo come manuale unico per le quinte elementari in periodo fascista, di Francesco Domenico Olmo nella defascistizzazione, di Piero Bargellini nel secondo dopoguerra). Genovesi giunge così alla conclusione che essi siano legati da forti elementi di continuità nell’impianto strutturale, in particolare circa «una aspettativa semplicistica e distorta ma, al tempo stesso, generalizzata, di una storia oggettiva, vera, assoluta» (p. 154). Che sarebbe anche il vizio della corrente manualistica. Del resto, quella di Genovesi è un’indagine che ambisce a parlare del/al presente, auspicando un pluralismo-struttura (la pluralità degli oggetti e delle prospettive del passato) piuttosto che un pluralismo-contenuto (p. 34). Una tensione verso il «come dovrebbe essere» che talora ha forse reso più difficile nel volume rendere conto del «perché» e del «come» è stato.

Luca Baldissara