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Pierluigi Simone – La tutela internazionale delle minoranze nella sua evoluzione storica – 2003

Pierluigi Simone
Napoli, Editoriale Scientifica, pp. 204, euro 7,50

Anno di pubblicazione: 2003

Si tratta di un profilo esauriente delle basi giuridico-storiche della protezione internazionale delle minoranze. L’autore prende in esame i principi normativi e la loro applicazione dalla Pace di Westfalia ai nostri giorni. Con una trattazione sintetica e divulgativa ci restituisce il difficile cammino di un principio di libertà e di pluralismo la cui storia non è molto conosciuta in Italia, culla di Controriforme e Concordati. Si parte da una negazione ? il principio cuius regio eius religio ? e si giunge alla nascita dei diritti dei gruppi minoritari nell’ambito del Consiglio d’Europa, passando attraverso un’ analisi della disciplina predisposta dall’ONU.
Il volume riproduce molte delle convenzioni adottate dalla Nazioni Unite, anche quelle che non occupandosi in modo particolare del problema delle minoranze, in quanto destinate a perseguire fini diversi, contengono tuttavia disposizioni che tutelano i diritti di queste. Così la tutela dei pochi, dallo strapotere dei tanti, sconfina nell’indagine sulla prevenzione e repressione dei crimini. L’evoluzione storica di un principio, narrata nelle sue linee essenziali, finisce con il coincidere con la storia dell’idea di libertà religiosa a suo tempo tratteggiata da Francesco Ruffini.
Nella sua brevità, e nel rigore di una prosa asciutta e precisa, mai specialistica, Simone ci fornisce un utilissimo strumento di lavoro, anche a fini didattici, per affrontare, in chiave di storia delle idee e del diritto, una delle questioni più controverse della contemporaneità. Si potrebbe soltanto lamentare l’assenza di un capitolo specificatamente dedicato alla storia d’Italia e alla tutela delle minoranze religiose, dallo Statuto albertino alle Intese: quelle già firmate, e quelle, assai ardue, ancora da firmare, soprattutto con il mondo islamico. Il problema del pluralismo religioso è sentito anche da noi, anche se mancano, purtroppo, adeguati testi orientativi che leghino insieme la storia del diritto all’inclusione al principio della libertà di associazione religiosa. In Italia difetta anche una certa quale sensibilità ai problemi del pluralismo religioso, semplicisticamente considerato risolto per sempre dalla normativa dell’otto per mille, che è da tutti considerata una specie di panacea ingannevole, oggi anche mediatica, per la maggioranza non meno che per le minoranze. Valga per tutti il silenzio che avvolge la proposta di legge-quadro sulla libertà religiosa, avanzata ormai una decina di anni fa da un deputato protestante come Domenico Maselli, e ora ripresa, invero con pochi risultati, da Valdo Spini. Un’ottima base di partenza, in linea con le normative internazionali qui riassunte da Simone. C’è da temere che questo progetto, dati i tempi che viviamo e la situazione internazionale, difficilmente potrà passare al vaglio di un Parlamento e di un’opinione pubblica distratti, poco disponibili a rimettere in discussione il diritto naturale che hanno i cittadini di associarsi liberamente fra loro per essere così riconosciuti al di fuori da intese, nello spirito di un autentico associazionismo e nell’ambito di un rinnovato separatismo fra Stato e Chiese.

Alberto Cavaglion