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Piero Bevilacqua – La mucca è savia. Ragioni storiche della crisi alimentare europea – 2002

Piero Bevilacqua
Roma, Donzelli, pp. 144, euro 11,30

Anno di pubblicazione: 2002

Questo libro nasce dalla cosiddetta crisi della mucca pazza ? l’allarme provocato dalla scoperta di alcuni casi di trasmissione dell’encefalite spongiforme bovina dall’animale all’uomo. A distanza di due anni, le previsioni catastrofiche si sono rivelate eccessive e la gravità del morbo è stata ridimensionata (o forse semplicemente il problema è stato scacciato dalle prime pagine da altre emergenze). Bevilacqua però prende spunto dal caso per una riflessione più ampia sui pericoli dell’agricoltura ?industriale?. La prima metà del libretto ne ripercorre brevemente la storia. Il primo capitolo descrive i metodi utilizzati per aumentare la fertilità del suolo, distinguendo nettamente i metodi ?ecocompatibili?, come i foraggi (la cosiddetta rivoluzione agricola) o il riciclaggio di materiali organici ? dall’introduzione di sostanze estranee, come il guano e soprattutto i fertilizzanti chimici. Il secondo capitolo, il più originale del libro, descrive la trasformazione dell’allevamento in attività quasi industriale. Si concentra soprattutto sulle sperimentazioni di alimenti alternativi ai foraggi. Come noto, l’alimentazione a base carnea dei bovini (iniziata nei primi anni del secolo scorso) è la causa immediata della BSE. Nel terzo capitolo, dopo aver ammesso i grandi successi dell’agricoltura moderna in termini di aumento della produzione e della produttività, Bevilacqua ne critica molto severamente l’impatto sull’ambiente e sostiene con forza la necessità di un ritorno a metodi più naturali, pena un degrado progressivo dalle conseguenze catastrofiche per i destini dell’umanità. Come si legge nel risvolto di copertina ?Si tratta di rimettere sui piedi un mondo che è stato interamente capovolto. Occorre bandire i veleni chimici dalle campagne, ridare agli animali di allevamento una condizione di normalità biologica. Un obiettivo che impone a partiti e movimenti la scoperta di una nuova dimensione dell’interesse generale?.
Le conclusioni del libro suscitano importanti interrogativi. La situazione è veramente così grave come descritto da Bevilacqua? I metodi alternativi sono in grado di produrre abbastanza per nutrire 6-7 miliardi di persone, anche con standards di consumo inferiori (si ricordi che l’agricoltura tradizionale riusciva a nutrirne non più di un miliardo, con consumi molto più ridotti e con gravi carestie)? La popolazione mondiale è disposta ad accettare i necessari sacrifici del suo livello di vita, che potrebbero comprendere non solo un ridotto consumo di carne ma anche un ritorno in massa al lavoro nei campi? Chi scrive non è esperto di agronomia, e quindi non è in grado di rispondere a queste domande. Anche Bevilacqua è uno storico, ma sembra avere le idee molto chiare in proposito. D’altra parte, sarebbe ingeneroso valutare un libro di intervento politico con i criteri riservati ai lavori scientifici, anche se esso presenta tratti ben poco usuali in questo tipo di letteratura (quanti di essi si possono permettere di citare opere agronomiche ottocentesche in lingua originale?).

Giovanni Federico