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Piero S. Graglia – Altiero Spinelli, – 2008

Piero S. Graglia
Bologna, il Mulino, 634 pp., euro 30,00

Anno di pubblicazione: 2008

Da molti anni l’a. lavorava alla biografia di Altiero Spinelli. Diciamo subito che il risultato finale non delude le attese: disponiamo finalmente di una ricerca che non solo ricostruisce efficacemente, con gli strumenti dello storico di professione, l’intera parabola del leader federalista, ma che al contempo rappresenta un importante punto di riferimento per gli studiosi di storia dell’integrazione euro pea. Tra i meriti dell’a., infatti, vi è quello di essere riuscito a individuare le relazioni reciproche tra il biografato e il più generale contesto storico-politico nel quale egli agì, la cui analisi è parte affatto secondaria del volume. Una particolare attenzione viene data agli aspetti meno noti della vita di Spinelli, compresi quelli che rientrano nel «privato», nella giusta convinzione che essi contribuiscano a spiegarne scelte e comportamenti. Così, Spinelli è sottratto all’abbraccio della storiografia «militante», che si è sovente limitata a celebrarne acriticamente le opere collocandolo nel pantheon di quei «santi euro pei» contro cui Alan Milward ha rivolto il proprio – eccessivo – sarcasmo. Graglia, che pure ammette di non potersi dichiarare «libero dal valore» nei confronti di Spinelli, propone invece un’analisi immune da tentazioni apologetiche e perciò capace di restituire la complessità – compresi i limiti e le contraddizioni – di un uomo che è stato «antifascista, comunista, teorico del federalismo euro peo, azionista e socialista, politologo e saggista, commissario delle Comunità euro pee, parlamentare italiano ed euro peo» (p. 10). Una varietà di vesti (e un costante, pragmatico adeguamento della strategia) indossate avendo sempre in mente l’ euro pa federata; in questo senso l’impegno di Spinelli, se commisurato al fine ultimo, può apparire vano. Dallo sforzo di far comprendere la necessità storica della federazione nell’ euro pa post-bellica, così come spiegato nel Manifesto di Ventotene del 1941 – punto di partenza dell’«avventura federalista» -, fino alla battaglia combattuta nel Pe per il Trattato dell’Unione, Spinelli sembra ipostatizzare Santiago, il tenace pescatore che nell’apologo di Hemingway si vede divorare dai pescecani l’enorme marlin che aveva catturato, finché la preda si riduce ad una misera lisca. Il magro bottino è frutto anche della sordità della classe politica. Sono indicative, e fanno giustizia di alcuni goffi sforzi di trovare radici antiche all’ euro peismo delle nostre formazioni politiche, le pagine dedicate al tentativo di far aderire i socialisti, nel dopoguerra, all’ideale federalista, così come quelle incentrate sulla diffidenza del Pci verso il Trattato sull’Unione euro pea. Resta il fatto che molto di ciò per cui Spinelli ha combattuto è parte integrante non solo della cultura euro pea, ma anche dell’acquis comunitario, ad esempio del suo processo decisionale. Può apparire poco, tutto ciò, per un uomo che ambiva ad essere un nicciano «legislatore del futuro», teso a trasformare l’ordine esistente, se non fosse che il suo lascito, come ricorda l’a., si sostanzia di un’opera la cui fecondità si misura non con il criterio del successo immediato, ma con «il metro ideale […] delle generazioni».

Daniele Pasquinucci