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Pierre Milza – Mussolini – 2000

Pierre Milza
Carocci, Roma

Anno di pubblicazione: 2000

Scrivere una biografia di Mussolini è impresa che richiede un certo coraggio. Chi la affronta non può evitare di misurarsi con le settemila e più pagine dell’opera di De Felice, che rappresentano un punto di appoggio e di riferimento imprescindibile, ma anche un termine di confronto imbarazzante e al tempo stesso un modello da non imitare. Pierre Milza, facilitato dal fatto di non essere italiano (e di rivolgersi a un pubblico che non ha letto gli otto tomi dell’opera defeliciana), ha scelto la strada più utile e praticabile per un lavoro che, a dispetto delle sue dimensioni, si intende destinato a una platea di lettori piuttosto ampia. Pur senza rinunciare a un suo personale contributo di ricerca (soprattutto nel campo della politica estera e segnatamente dei rapporti italo-francesi), l’autore si è nel complesso attenuto alla traccia del Mussolini di De Felice, per quanto riguarda le fonti consultate, le linee interpretative di fondo, i giudizi sui punti salienti (con qualche significativo scostamento, per esempio, nella parte relativa alla seconda guerra mondiale); ma se ne è significativamente allontanato nelle scelte di struttura e di taglio narrativo. Ne è venuta fuori un’opera ben equilibrata nelle proporzioni interne – con adeguato spazio dedicato, per esempio, all’infanzia e agli anni di formazione del futuro duce -, scritta in modo scorrevole e accattivante, si vorrebbe dire agile se non fosse per le mille pagine di questa traduzione italiana (complessivamente buona e giunta a circa un anno di distanza dall’uscita dell’originale per i tipi di Fayard). Soprattutto, una vera biografia di taglio classico. Diversamente da De Felice, che affrontava e sviscerava man mano che gli si presentavano i problemi – generali e specifici – continuamente evocati dalla vicenda di Mussolini (contraddicendo il suo originario intento biografico e fondando in tal modo la storiografia italiana sul fascismo), Milza tende a ricondurre le singole questioni entro la gabbia narrativa della biografia, con una costante attenzione alla vicenda umana del biografato. Trovano dunque adeguato spazio gli umori e gli sbalzi caratteriali di Mussolini, la sua salute e le sue abitudini alimentari, i suoi rapporti con le donne (soprattutto quello, per molti aspetti decisivo, con Margherita Sarfatti), ma anche i luoghi e gli sfondi: la Romagna e Milano, Palazzo Venezia e Villa Torlonia. Ed emerge bene un aspetto spesso trascurato della personalità mussoliniana: la straordinaria capacità di apprendere rapidamente, di assorbire informazioni, di improvvisarsi non solo giornalista e oratore (le cose che sapeva far meglio), ma anche fabbro e violinista, aviatore e cavallerizzo. Non siamo certamente nel genere giornalistico-aneddotico, di cui abbiamo avuto nel nostro paese esempi non eccelsi: i problemi seri ci sono tutti e sono trattati con notevole equilibrio (anche se senza spunti di grande originalità). Siamo in presenza, lo ripeto, di una vera biografia: che appare tanto più utile quanto più si ponga mente alla particolare natura del rapporto – certo non solo politico – che per un ventennio si stabilì fra Mussolini e gli italiani.

Giovanni Sabbatucci