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Pierre Milza – Verdi e il suo tempo – 2001

Pierre Milza
Roma, Carocci, pp. 474, euro 27,30

Anno di pubblicazione: 2001

Fra la trentina di volumi, di cui molte ristampe, apparsi in Italia nel 2000-2001 in corrispondenza alle celebrazioni per il centenario della morte di Giuseppe Verdi, spicca la bella biografia di Pierre Milza, pubblicata da Perrin e prontamente tradotta in Italia per Carocci. Verdi e il suo tempo è il titolo riassuntivo delle intenzioni dell’autore, fra i maggiori studiosi francesi dell’Italia contemporanea e lui stesso di origini parmensi: raccontare la vita di ?uno dei principali eroi del Risorgimento italiano, l’uomo la cui immagine si è identificata per gli italiani con quelle della libertà e della nazione? (p. 9) nel contesto della storia locale ? con descrizioni calzanti del ?Paese del melodramma? ?, italiana ed europea del diciannovesimo secolo. Opera di uno storico, dunque, interessato alla vita di un personaggio divenuto simbolo dell’identità nazionale, ben più che non all’analisi dell’opera verdiana, e di uno storico che si indirizza principalmente al lettore francese, al quale imputa una conoscenza ancora relativamente scarsa della personalità e dell’ambiente storico del musicista. Leggendo le pagine del libro dedicate ai rapporti tra Verdi e il suo pubblico fra gli anni quaranta e l’edificazione dello Stato unitario, vengono in mente le parole di Massimo Mila, il quale scriveva della ?confluenza spontanea tra le passioni dell’artista e quelle della nazione, di cui si sostanzia la grandezza [di Verdi]?. In questa prospettiva Milza vede la genesi del mito verdiano: ?In un paese in parte occupato dalle truppe straniere, frammentato in diversi Stati, abitato da una popolazione per più dell’80% analfabeta [?] la musica, e più in particolare quella che passava attraverso la mediazione della voce e della scena, costituiva un linguaggio comune, attraverso cui potevano esprimersi le aspirazioni politiche di categorie sociali che niente predisponeva ad agire di concerto. È così che, attivando tutta una serie di relè, i cori della giovinezza del compositore bussetano si sono diffusi in tutti i ceti sociali, cantati da tutti, da tutti accettati, e che Verdi è divenuto, quasi suo malgrado, il cantore e l’eroe della rivoluzione italiana? (pp. 132-3). Quasi suo malgrado, perché Verdi, mazziniano convertito alla politica di Cavour, scarsamente propenso a combattere e quasi infastidito dal ruolo di parlamentare che ricoprì fra il 1861 e il 1865, secondo Milza ?rifuggiva la politica?. Tuttavia, essendo i rapporti fra Verdi e la politica una chiave di non poca importanza per comprendere il Verdi padre della patria, alla puntuale ricostruzione della vita privata e pubblica del compositore, avrebbe giovato un’analisi più dettagliata delle tematiche presenti nelle opere verdiane, che mettono spesso in scena, come scriveva Mila, ?situazioni di natura spiccatamente politica?, dal Nabucco ai Due Foscari, dal Simon Boccanegra al Don Carlo e questo proprio perché per Verdi (al di là di ogni ?opportunismo? risorgimentale) la vita pubblica, la politica come espressione di forze collettive e popolari, era materia drammatica e fonte naturale di ispirazione quanto e più delle passioni individuali e amorose.

Luisa Azzolini