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Pietro Redondi, Paola Zocchi (a cura di) – Milano 1906. L’Esposizione internazionale del Sempione. La scienza, la città, la vita – 2006

Pietro Redondi, Paola Zocchi (a cura di)
Milano, Guerini e Associati, 268 pp., euro 22,50

Anno di pubblicazione: 2006

In tempi di mobilitazione No-Tav la lettura di Milano 1906, dedicato alla realizzazione del traforo del Sempione e all’esposizione internazionale che ne celebrò il compimento, non può lasciare indifferenti, ma è proprio la notevole attualità del tema, ben oltre la ricorrenza centenaria, a indurre nel lettore qualche perplessità. Questi dubbi non derivano né dalla qualità dei singoli contributi, né dalla struttura del libro, denso e linearmente organizzato in quattro sezioni tematiche: la realizzazione delle gallerie del San Gottardo e del Sempione, con particolare riferimento alla diversa attenzione che nei due cantieri si ebbe per la salute degli operai (Martinetti, Fantini, Donzé, Buratti Mazzotta); la nascita e la diffusione in Italia della medicina del lavoro (Foà, Nenci, Carnevale e Baldasseroni); l’Esposizione internazionale del 1906, indagata sotto l’aspetto della partecipazione delle aristocrazie operaie e dello sviluppo di dibattiti e realizzazioni che segnarono tappe importanti nella storia delle riforme sociali in Italia (Pellegrino, Forti Messina, Selvafolta, Musso); infine la Milano del riformismo moderato coraggioso ed efficace, del tumultuoso sviluppo industriale e della grande cultura tecnicoscientifica (Bigatti, Lini, Saibene). Se però fare storia vuol dire anche contribuire al dibattito contemporaneo, si può dire che Milano 1906 è stata in parte un’occasione mancata perché ha saputo trasformare solo parzialmente un argomento di attualità in una riflessione sui problemi del presente. Del tutto assenti sono questioni quali l’impatto ambientale che ebbero i cantieri e la gestione della colossale massa di materiali di scavo, una valutazione complessiva e di lungo periodo sui costi e i benefici economici dell’iniziativa, l’attenzione alle scelte delle comunità interessate dai lavori ? tranne qualche riferimento alla loro esplosione demografica e ai problemi di ordine pubblico indotti dalla forte immigrazione di lavoratori ? e le conseguenze che il traforo ebbe sulla vita delle popolazioni locali. Viceversa la decisione di dare spazio soprattutto alla modernità del traforo e dell’evento celebrativo ? per gli enormi ostacoli naturali superati, per la quantità di manodopera impiegata e per la tecnologia d’avanguardia che si applicò, per la bassa morbilità e mortalità dei cantieri a fronte dell’olocausto operaio provocato dal San Gottardo, per la concezione espositiva d’avanguardia, per il respiro internazionale della classe dirigente ? finisce col porre sotto il segno della ripetizione di un mito identitario ? Milano città più città d’Italia e capitale morale del Bel Paese ? l’intera operazione. Questa impressione è confermata dalla postfazione di Redondi, soprattutto quando, con buona pace di Giolitti, sottolinea la distanza dalla Roma di quegli anni, dove «l’avvicendarsi di governi sempre effimeri vanifica ogni seria politica nazionale» (p. 256), e quando propone lo studio dell’Esposizione del 1906 come l’occasione per rinnovare «le categorie di una storiografia del Novecento che è stata finora eminentemente politica» (p. 256).

Silvano Montaldo