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Pietro Scoppola – Lezioni sul Novecento – 2010

Pietro Scoppola
a cura di Umberto Gentiloni Silveri, Roma-Bari, Laterza, 214 pp., Euro 12,00

Anno di pubblicazione: 2010

Questo libro ci viene da una trascrizione delle lezioni svolte da Scoppola nel 1996, programmata dai suoi alunni, curata da Gentiloni-Silveri con sintesi efficace e arricchita da una utilissima bibliografia.Vi emerge il nesso fra l’alto magistero accademico e quello civile di cui Scoppola ci ha gratificati, e il suo modo di sentire la storia: una tensione interpretativa che nasce dal bisogno interiore, più ancora da cittadino che da protagonista della ricerca, di capire il presente, riesaminando costantemente il passato e i quesiti che pone. E quel che più conta, riesaminandoli non per piegarli a sostegno del proprio schieramento, ma appunto per approfondire, per chiarirsi vicende, per misurare gli scacchi.Le lezioni sono concentrate soprattutto intorno alla storia della nostra Repubblica. Ma si aprono con uno sguardo più ampio che tocca tutta la storia europea e che accortamente, si concentra, intorno a quello che si è chiamato, non senza qualche equivoco, il revisionismo. È una scelta didatticamente proficua, negli anni in cui si parlava della fine della storia e si consumavano i grandi miti del mondo contemporaneo. Il revisionismo che propone Scoppola è altro dall’uso strumentale del passato. Qui si concentra sull’idea di rivoluzione, una parola passata da termine dell’astrofisica a mito liberatorio, alla creazione dell’uomo nuovo attraverso la politica, all’ipotesi del progresso indefinito, e che è alla base dei totalitarismi del nostro secolo. Scoppola confronta qui il carattere assoluto della politica, dell’uomo collettivo, eredità di Rousseau, contro il primato della libertà, eredità di Tocqueville.In questa chiave di lettura lo storico riprende i contributi che ci aveva dato sul valore della Resistenza civile, sullo spessore dell’intesa costituzionale, respingendo nettamente le tesi che attribuiscono ora alla «Resistenza tradita», ora alla «morte della Patria», l’attuale degrado italiano. Le due interpretazioni opposte del secondo dopoguerra, sulla continuità o discontinuità fra fascismo e Repubblica, erano state già contestate da Scoppola per affermare da una parte il seguito positivo dell’unità antifascista, che supera tutte la sue ambiguità perché qualificata positivamente in senso democratico nella convergenza all’Assemblea Costituente sulla nuova Costituzione, dall’altra la consapevolezza della fragilità del sistema. E chiarisce definitivamente il carattere politico non religioso della scelta dell’unità politica dei cattolici.In questo quadro un tema di grande suggestione è il dramma politico e personale legato alle contraddizioni interiori, la cosiddetta «doppiezza» della figura di Togliatti. Anche qui Scoppola ne ricava una lezione di metodologia storica, che sa usare il concetto di limite.Anche sul rapporto Chiesa-Stato, lo storico cattolico propone una lettura acuta. «La Chiesa non coglie la distinzione fra le due anime della democrazia e condanna sia la concezione rousseauiana, sia il liberalismo che vede l’uomo come fonte dei criteri di verità e di moralità» (p. 109). Pochi giudizi storici centrano così bene il senso, gli equivoci, il dilemma, sostanzialmente ancora irrisolto, fra il lungo conflitto fra Chiesa e modernità e la «provvidenzialità» della fine del potere temporale.

Paola Gaiotti de Biase