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Pirelli. Innovazione e passione (1872-2015)

Carlo Bellavite Pellegrini
Bologna, il Mulino, 838 pp., € 42,00

Anno di pubblicazione: 2015

Questo ponderoso volume entra nella collana «Storie di impresa» de il Mulino, che ospita sia lavori ispirati ai canoni della business history, sia ricerche di taglio economi- co-aziendale con orizzonte storico. La monografia di Bellavite Pellegrini – il quale, per l’editore bolognese, aveva già pubblicato nel 2013 una ricostruzione del processo di for- mazione di Banca Intesa San Paolo ed è docente di Finanza aziendale e di Corporate Go- vernance presso l’Università Cattolica di Milano – appartiene al secondo genere. La quarta di copertina la definisce una corporate history. La bibliografia – molto succinta rispetto al corpo del volume, degli apparati (100 pp. di cronologia, 40 di tabelle che dettagliano i cambiamenti di struttura proprietaria) e delle fonti dispiegati – ignora infatti la storia dell’impresa che della Pirelli si è occupata con attenzione, ma tiene presenti i capisaldi della nuova teoria manageriale (da Eugene Fama, a David Kreps, a Paul Milgrom e John Roberts, a Mike Jensen, a Jean Tirole).
Nella prefazione, l’a. dà atto dell’origine del lavoro, nel 2010, come storia della Pirel- li, ma con specifica attenzione alla gestione di Marco Tronchetti Provera, su commissione dell’Ad del gruppo, il quale ha esplicitamente preferito affidarla non a uno storico, bensì a un aziendalista esterno.
Si tratta qui di uno dei gruppi industriali italiani indubbiamente più importanti e longevi, la cui vicenda è comunque ripercorsa integralmente. Tuttavia, se la prima parte del libro concentra in 200 pp. una carrellata dalle origini ottocentesche allo spartiacque marcato dal fallito tentativo di scalare nel 1991 la tedesca Continental (con l’obiettivo di dar vita al quarto produttore di pneumatici al mondo), la seconda parte ne dedica 500 alla spanna 1990-2015, soprattutto dopo il passaggio della guida dell’azienda da Leopol- do Pirelli a Tronchetti Provera (1991). È un arco di tempo durante il quale Continental, che all’inizio degli anni ’90 era dimensionalmente simile a Pirelli, è diventata sei volte più grande per giro d’affari e se ne è allontanata anche per profittabilità, mentre nel corso del 2015 Tronchetti Provera ha ceduto il controllo al gruppo statale cinese ChemChina.
Non è lo scavo che manca a questa ricostruzione (la descrizione degli snodi attra- verso i documenti è amplissima, attenta, minuziosa, accompagnata da testimonianze ec- cellenti), né il fuoco su operazioni che scolpiscono il capitalismo italiano (dall’ingresso in Telecom, parte di un progetto ben più ampio di convergenza su telecomunicazioni e media, alla conseguente decisione di cedere a Goldman Sachs il business dei cavi, per con- centrarsi sulle gomme più performanti ed entrare nei mercati asiatici e latino-americani), ma un approccio dai toni meno celebrativi, che consideri anche le voci critiche verso quel- le operazioni che le cronache finanziarie hanno sistematicamente registrato, che si agganci più organicamente alla cornice teorica evocata, e che sia più convincente nel proporre la propria tesi di coerenza dell’intera parabola Pirelli.

Roberta Garruccio