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Raffaele Arcella – L’ultima carica. Dolnij Poloj 17 ottobre 1942 – 2008

Raffaele Arcella
prefazione di Francesco Paolo Casavola, Acireale-Roma, Bonanno, 156 pp., euro 15

Anno di pubblicazione: 2008

Il volume raccoglie documenti e riflessioni su di un episodio avvenuto durante l’occupazione italiana della Jugoslavia, ossia la carica di cavalleria condotta il 17 ottobre 1942 dal 14° reggimento cavalleggeri Alessandria contro una brigata dell’esercito di liberazione di Tito nei pressi di Karlovac, in Croazia. Assai meno conosciuto rispetto all’analogo combattimento svoltosi a Isbuschenskij in Russia, il fatto d’arme di Dolnij Poloj fu a tutti gli effetti l’ultimo in cui un reparto a cavallo dell’esercito italiano andò all’assalto con stendardo in testa e al galoppo.L’a., che partecipò alla battaglia, non è uno studioso di professione, e il suo lavoro, talvolta ripetitivo e caratterizzato da frequenti annotazioni, non è di scorrevole lettura. Egli ammette però con onestà i propri limiti, aggiungendo che lo scopo dell’opera è solo quello di far luce su una pagina di storia poco conosciuta e dare evidenza della propria pluridecennale lotta contro la burocrazia ministeriale, che ha privato i cavalleggeri di Alessandria di qualsivoglia decorazione per l’episodio.Dalle pagine emergono comunque diversi spunti di riflessione per chi si occupa di storia in modo scientifico. Ci è apparso interessante l’approccio con cui Arcella si rapporta (oggi) con il vissuto personale suo e dei tanti che condivisero con lui la campagna di Jugoslavia, uno degli scacchieri di cui meno i reduci hanno scritto a guerra finita, come ha constatato Giorgio Rochat. Con giudizio criticabile ma chiaro, Arcella così racconta quella guerra: «Come è stato in Bosnia ed in Kossovo ed in tutti i territori oggetto dimissioni cosiddette di pace, i rapporti dei soldati italiani con la popolazione locale erano e sono improntati alla massima collaborazione [?] purtroppo, come capitava a noi, anche oggi è l’intruso, l’elemento estraneo che turba ogni tipo di relazioni con azioni che non è difficile definire di terrorismo» (p. 27).Insomma Arcella, che pure è tornato diverse volte in Jugoslavia a partire dagli anni ’50, dovendo fare un paragone che faciliti il lettore nella comprensione della vicenda, non trova esempio migliore di quello con le nostre truppe impegnate all’estero in operazioni di peacekeeping. Forse egli, come altri che hanno narrato quel tipo di esperienza, non riesce a vedere se stesso come «estraneo che turba le relazioni». Se così fosse si sarebbe avveduto che, forse, il motivo principale per la mancata decorazione ai cavalleggeri non è dovuto solo ad una micidiale pastoia burocratica, ma anche all’imbarazzo di dover concedere una decorazione collettiva ad un reparto che caricò, sciabole alla mano, una formazione dell’esercito di liberazione di una nazione che avevamo aggredito assieme ai nazisti.

Andrea Rossi