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Raimondo Luraghi – La spada e le magnolie. Il Sud nella storia degli Stati Uniti – 2007

Raimondo Luraghi
Roma, Donzelli, IX-227 pp., Euro 29,00

Anno di pubblicazione: 2007

Tra i padri fondatori degli studi americanistici in Italia e autore, oltre quarant’anni fa, di una monumentale Storia della guerra civile, più volte ristampata, Luraghi offre qui «il bilancio di quasi mezzo secolo di studi sul Sud degli Stati Uniti». Lo fa con un brillante saggio, scritto in punta di penna, sul filo di una formidabile erudizione e di una appassionata vis retorica e argomentativa. Nelle sue pagine vibrano gli «oltre quarant’anni» nei quali, dice l’a., «mi avvenne di percorrere in lungo e in largo il Sud, le sue città, i suoi villaggi, le sue strade, i suoi sentieri più riposti e, naturalmente, i suoi campi di battaglia [?] e di lavorare per ore, giorni, per settimane e per mesi nei suoi archivi, compulsando e studiando migliaia di documenti» (p. VII).Più che un libro di storia in senso stretto, il volume costituisce dunque «il concentrato di tale esperienza, arricchita dalle meditazioni di tutti questi anni» (p. VII). Lo domina la visione della sezione meridionale come una «proteiforme, molteplice (e drammatica) realtà» (p. 3). Un doppio macchiato dall’onta della schiavitù, dell’arretratezza e della sconfitta, sulle cui «genti», dice Luraghi, «giornalisti, pubblicisti, scrittori, politici del resto degli Stati Uniti avevano gettato [?] il proprio disprezzo senza curarsi di pensare che erano stati alcuni dei loro, i marinai e gli armatori del Nord per esempio, a rovesciare migliaia e migliaia di infelici africani sulle coste sudiste mediante l’infame (e lucroso) commercio della tratta» (p. 6).Scandito in undici densi capitoli più una Postfazione, il libro attraversa quattro secoli di storia di un Sud sospeso tra la spada – sguainata durante la guerra di indipendenza e poi, in preda a un moto «irrazionale» (p. 73), in occasione della Guerra civile – e le magnolie, che punteggiano il paesaggio della società meridionale e ne hanno ispirato spesso la cultura. Quest’ultima è indagata nelle forme «alte», letterarie (da Poe a Faulkner) e architettoniche, e in quelle popolari, dalla musica nera a Elvis Presley, in pagine di grande intensità.Su diversi punti la storiografia ha raggiunto da tempo posizioni diverse da quelle sostenute da Luraghi. Pur riconoscendo l’importanza degli elementi irrazionali ed emotivi, essa tende, più di quanto lui faccia, a sottolineare la centralità del tema della schiavitù, in tutta la sua pregnanza politica e sociale, rispetto alla tragedia della Guerra civile (si veda da ultimo il bel lavoro di Bruce Levine, Confederate Emancipation, Oxford, Oxford U.P., 2006). O dà del «paternalismo» dei piantatori pre-Guerra civile e dei loro eredi (p. 116) interpretazioni più complesse e meno «positive» di quelle offerte in questo libro (vedi l’acuto lavoro di Enrico Dal Lago, Agrarian Elites, Baton Rouge, Louisiana U.P., 2005). Ma ciò non inficia la testimonianza di un sapere storiografico, a suo tempo pionieristico e tuttora felicemente dispiegato a beneficio di un grande pubblico, che il libro ci consegna.

Ferdinando Fasce