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Renicci 1943. Internati anarchici: storie di vita dal campo 97

Giorgio Sacchetti
Roma, Aracne, 235 pp., € 16,00

Anno di pubblicazione: 2013

Autore di pregevoli ricerche sul movimento anarchico italiano e il sindacalismo in età contemporanea, con una specifica attenzione alla storia locale e al recupero della memoria di una tradizione ideale talvolta trascurata dalla storiografia, Sacchetti concentra ora lo sguardo sul campo di Renicci d’Anghiari (Arezzo), uno dei «peggiori luoghi d’internamento italiani» (p. 16). Creato nel 1942 con lo scopo di rinchiudervi prigionieri di guerra jugoslavi e detenuti politici italiani, restò in funzione anche nel periodo badogliano, conservando modalità di funzionamento che lo ravvicinano a un vero e proprio Lager, con il terrore, la violenza, le crudeltà verso i prigionieri. «Dunque nel segno della continuità» (p. 30), chiosa l’a., situando la ricostruzione nel solco di un consolidato orientamento degli studi, ma sottolineando anche il senso politico di una scelta che mirava a scoraggiare il protagonismo di una parte dell’antifascismo militante.
La ricerca poggia su un’accurata indagine archivistica e su fonti orali, con le significative testimonianze, riportate nel secondo capitolo, degli anarchici Alfonso Failla e Umberto Tommasini e di Giorgio Jaksetich, comunista triestino. Segue la ricostruzione della vita di Beppone Livi (1899-1972), anarchico aretino e capo partigiano, di cui viene valorizzato il ruolo svolto per favorire il collegamento tra gli internati in fuga dopo l’8 settembre e le formazioni partigiane. L’ultimo capitolo presenta le schede biografiche di un gran numero di reclusi, in massima parte anarchici, di cui l’A. evidenzia il profilo sociale «nettamente proletario» (p. 81). Emerge nitidamente l’impegno internazionalista dei protagonisti, con la massiccia partecipazione alla guerra civile spagnola, quindi l’adesione alla Resistenza e, in molti casi, la militanza nel movimento anarchico del dopoguerra.
La Prefazione di Claudio Silingardi, direttore dell’Istituto Nazionale per la Storia del Movimento di Liberazione, e la Postfazione di Andrea Merendelli, artista impegnato a mantenere viva la memoria di Renicci, arricchiscono il volume, corredato da un’adeguata Bibliografia, con le fonti e la letteratura secondaria, e dall’Indice analitico.
La costruzione del libro, sintesi di un impegno trentennale, mette in luce qualche debolezza nella tessitura delle diverse parti, che avrebbe potuto beneficiare di un confronto più serrato con il tema storiografico della continuità dello Stato dopo il 25 luglio: le persistenze, infatti, non furono soltanto istituzionali ma anche «morali», come traspare nella scelta opportuna dell’a. di evidenziare i concreti comportamenti di uomini formatisi sotto il fascismo, con la costante diffidenza verso le «classi pericolose» e i loro singoli esponenti. L’osservazione nulla toglie all’eccellente lavoro, che ha il pregio di collocarsi sul confine tra la ricerca pura, con lo scavo d’archivio e l’analisi dei documenti, e la divulgazione dei risultati acquisiti, grazie a un’esposizione in grado di attirare anche l’interesse dei non specialisti.

Gianfranco Ragona