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Resistenza e diritto pubblico

Fulvio Cortese
Firenze, Firenze University Press, 254 pp., € 18,00

Anno di pubblicazione: 2016

Raccolta degli atti del convegno organizzato a Venezia dal Centro Documentazione e Ricerca Trentin il 20 maggio 2014, in occasione del 70° anniversario della morte del giurista veneziano, il volume si articola intorno a due assi in continuo dialogo nell’esperienza e nella produzione teorica di Silvio Trentin: «Resistenza» e «diritto pubblico». Momenti complementari e «spezzoni di vita» intimamente correlati, che rappresentano nella loro sinergia l’incontro dialettico fra sensibilità e passione giuridica su temi di diritto amministrativo/costituzionale e concreta esperienza politica, prima quale esule antifascista durante il regime, quindi come partigiano dopo l’armistizio e il rientro in Italia (Ariemma).
Nodo di partenza della riflessione, la critica su sovranità e legittimazione del potere pubblico alimentata in molti resistenti – soprattutto di area azionista – dalla spregiudicata presa di potere del fascismo, che si dipana da un lato sul piano giuridico, nell’analisi dell’interpretazione del principe di Niccolò Macchiavelli offerta da Trentin (Carta) e in una disamina critica delle debolezze dello Statuto albertino (De Cristofaro); dall’altro lato, si articola nella ricostruzione dell’esperienza dei magistrati italiani, in buona parte asserviti alle logiche del regime e chiamati dalla Repubblica fascista a un nuovo giuramento di fedeltà, ma anche capaci di contrapporre raffinate forme di resistenza tecnico-formali in difesa della legalità (De Nardi). La variabilità delle traiettorie di opposizione abbracciate dal mondo giuridico viene esemplificata dalle esperienze di Calamandrei, sofisticato interprete della distanza fra giustizia e distorti principi di legalità veicolati dal fascismo (Mazzolai); e di Giorgio Chiesura, sottufficiale in Sicilia nel luglio del 1943 e magistrato presso il Tribunale di Venezia nel dopoguerra, che quale estremo gesto di libertà individuale si consegna prigioniero ai tedeschi, rifiutandosi di continuare a combattere e di aderire alla Rsi (Trevisan).
La radicalità della transizione politica in corso negli anni 1943-1945 permette di guardare al pensiero giuridico anche come potenziale veicolo di cambiamenti rivoluzionari: attraverso le suggestive ipotesi costituzionali elaborate dall’interno delle file della Resistenza (Verri) e la riflessione degli stessi partigiani su diritto e legalità, quali fonti della propria legittimazione politica (Tropea) e terreno creativo di un nuovo senso di rappresentanza sociale e giustizia democratica (Dogliani), ma anche fulcro dei principi su cui informare l’epurazione amministrativa e la punizione del nemico nel dopoguerra (Cassatella).
L’ultima parte del volume è, infine, dedicata all’analisi del riflesso nella cultura letteraria e popolare della connessione fra Resistenza e rinnovato sentimento di giustizia: nesso etico che sia nei romanzi (Bascherini, Repetto), sia nelle lettere dei condannati a morte e nelle canzoni partigiane (Pegoraro) emerge quale essenziale elemento politico comunitario, base ideale per l’elaborazione e la condivisione dei nuovi principi costituzionali.

Toni Rovatti